«David Maria Turoldo era nato in Friuli nel 1916, ma la sua vera città sarebbe stata Milano. Fu lì che durante la guerra, nel 1940 il cardinale Schuster lo invitò a tenere importanti discorsi in Duomo, fu lì che Turoldo divenne attivo durante gli anni del periodo della Resistenza e fu sempre a Milano che Turoldo rappresentò negli anni del secondo dopoguerra un punto di riferimento della parte moderna della Chiesa». Con queste parole Paolo Mieli ricorda il frate poeta dei Servi di Maria al quale, in occasione del centenario della nascita, Rai Cultura dedica il documentario Padre Turoldo, il poeta di Dio di Antonia Pillosio, in onda martedì 22 novembre alle 22.10 su Rai Storia, per il ciclo «Italiani».
Padre Turoldo, frate dei Servi di Maria, inizia ad apparire sulla scena sociale e politica negli anni Quaranta del Novecento, in un tempo di grandi speranze e cambiamenti, di grandi progetti per il futuro. È stato un grande poeta, frequentatore e amico degli intellettuali, ha fatto la Resistenza, «combattendo per l’umano contro il disumano», come affermava lui stesso, ma ha sempre mantenuto distinti i confini tra Chiesa e politica. La sua grande produzione poetica lo ha imposto all’attenzione della critica e dei lettori come una delle voci emblematiche della poesia religiosa contemporanea. Ma i poveri e gli ultimi sono sempre stati la sua passione.
«Turoldo è paradossalmente una figura che è stata amata e odiata, che è stata spesso ricomposta nella sua storia complicatissima», dice il cardinale Gianfranco Ravasi che, con la storica Mariangela Maraviglia, padre Ermes Ronchi e don Nicola Borgo, ripercorre alcuni momenti cruciali della vita del frate.
Il documentario, realizzato con il materiale delle Teche Rai, raccoglie molte testimonianze di padre Turoldo, registrate in diversi momenti della sua vita da «rivoluzionario tradizionalista», come lo definirono i suoi confratelli più giovani. E come affermava lui stesso: «Io son partito e ho girato il mondo, sono veramente un pellegrino, un vagabondo, si potrebbe dire tra virgolette, ma tuttavia il mio punto di partenza e arrivo è sempre il Friuli, dal punto di vista dell’emozione e del sentimento».
Ed è proprio con le immagini del suo film Gli Ultimi, girato e prodotto in Friuli nel 1962 (ora conservato nella Cineteca del Friuli a Gemona) e con i ricordi di quei momenti rivissuti dal fotografo di scena Elio Ciol che inizia questo racconto della sua vita. «L’uomo è la cifra essenziale della vicenda turoldiana e dell’impegno turoldiano. E questa passione è una riserva di fiducia e di speranza valida anche per il nostro presente», sottolinea la storica Maraviglia. Ma il suo cristianesimo critico nei confronti della tradizione è causa di suoi allontanamenti dall’Italia, suggeriti dalla parte più conservatrice della Chiesa. Poesia e fede, arte e religione, spiritualità e fantasia, intuizione e raziocinio, tutto è unito nella testimonianza di questo frate, difficilmente decifrabile, dalla grosse passioni e amicizie.
Al documentario hanno collaborato il Centro del Priorato di Sant’Egidio in Fontanella, il Convento San Carlo al Corso, la Pontificia Facoltà Teologica Marianum, il centro culturale e spirituale il Ridotto, il Comune di Sedegliano mettendo a disposizione diverso materiale preso dai propri archivi.