Il terzo Willy Wonka cinematografico di Timothée Chalamet è il più favorevole ai bambini e alle famiglie. Un prequel, ma anche un tentativo di rilancio del personaggio nato dalla fantasia di Roald Dahl e portato sul grande schermo da Gene Wilder e Johnny Depp, che prova a fare le cose in modo un po’ diverso. Nelle due versioni precedenti erano quasi da antagonista: inquietanti e graffianti, oltre che fuori di testa. Il protagonista di Wonka è invece un sognatore un po’ eccentrico che desidera essere un mago e produrre cioccolato. I due propositi camminano a braccetto in una storia piena di elementi fantastici, leggermente grotteschi, che generano tridimensionalità a un mondo coloratissimo.
Paul King, reduce dalla regia dei due bei film sull’orsetto Paddington, inserisce elementi musicali in una trama non sempre compatta. Ci sono tante idee brillanti, ma inserite qua e là lungo il film. Tutto ciò che riguarda i propri desideri e i sogni da inseguire, anche a costo di sembrare folli, sono la parte più interessante. Spesso visualizzati in modi creativi, il migliore è un bozzetto realizzato a “mano” che si sovrappone alle immagini reali, prefigurando ciò che sarà il futuro della Fabbrica di Cioccolato.
Se la vista è appagata e l’udito pure, meno forte è il senso del gusto. A sorpresa il cioccolato non sembra quasi mai reale e nemmeno gustoso. Assomiglia più a uno strumento quasi magico che può far volare le persone e ipnotizzarle. C’è un accenno (già presente nei precedenti adattamenti) al tema delle dipendenze che rende il mangiare i dolci un’azione quasi da cattivi. I buoni invece li gustano con calma, nei sapori cercano i ricordi dei propri cari. Una madeleine di cacao che può risolvere anche il più intricato degli inghippi mettendo d’accordo le persone.
In America hanno capito quello che il cinema italiano ha spesso rappresentato (ultimo il bel Comandante). Ovvero che sedersi a tavola insieme, condividere un buon cibo, permette di costruire la fratellanza, sia durante le feste che nel tempo ordinario.