Tratto dal fumetto di Bastien Vivès Una sorella, il film Falcon Lake è un’opera prima di grande intensità visiva. Bastien ha quattordici anni. È in vacanza al lago con la sua famiglia. Vengono raggiunti in ritardo da Chloé e dai suoi genitori. È notte e il ragazzo si sveglia di soprassalto, intravede il profilo della ragazza (di due anni più grande) che ha raggiunto lui e il fratello nella stanza.
La regista Charlotte Le Bon si ispira al tratto del fumetto per come mostra, attraverso gli sguardi proibiti, l’amore (troppo) giovane che nascerà tra i due. Aggiunge però una componente inedita rispetto all’originale: un senso di horror, di morte imminente. Lo percepiamo da come riprende gli alberi, gli animali, e i personaggi stessi. In quel lago provano l’apnea, ma per noi spettatori che non lo sappiamo sembrano affogati. Si fanno foto come fantasmi, cercano di scomparire. Si fingono morti.
Vicino a Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, che oramai possiamo definire come il principale punto di riferimento per il romanticismo teen al cinema, Falcon Lake inquadra con schiettezza (ma mai con volgarità) le pulsioni giovanili. Un ragazzo trascinato nel mondo della sessualità prima del tempo, una giovane che cerca di fare l’adulta senza esserlo. Affascinante la scelta di lasciare i genitori sullo sfondo. Ci si accorge alla fine di non aver memorizzato i loro volti. Presenti come voci, assenti come corpi. E proprio del corpo parla Falcon Lake, del suo potere sugli altri e su di sé. Lo fa forse con troppa ambizione. Più di quanto riesca a reggere. Si fa condizionare da un importante colpo di scena (opposto a quello della graphic novel) che fatica a concludere in modo soddisfacente la riflessione.
Emerge però forte il tema dell’io in rapporto con l’altro. Dove si dirige l’occhio dei protagonisti e come guarda ciò che c’è intorno, i legami che questo crea senza parole, sono una polvere di poesia sparsa per tutta l’opera che emoziona e inquieta. L’energia giovanile un tempo era ripresa dal cinema con vitalità. Oggi ce la fa provare come una paura che stringe il cuore. Compito dello spettatore attento è di chiedersi perché.