26/06/2008
di Mauro COLOMBO
«A Mauro, il mio Meleto. Grazie e a presto. Carlo Rivolta».
Una dedica autografa sul frontespizio dell’Apologia di Socrate è il piacevole ricordo di una serata trascorsa nell’estate 2005 a Brunate, sopra Como, durante la quale l’attore cremasco fu protagonista del monologo tratto dal classico testo di Platone.
Prima dello spettacolo, Rivolta – scomparso il 21 giugno a Lodi, a 65 anni, dopo una lunga malattia – era andato alla ricerca di qualche spettatore disposto a “porgergli” le brevissime battute di uno degli accusatori di Socrate, appunto Meleto. Individuatomi nelle prime file, aveva vinto la mia ritrosia, convincendomi a “fare la parte”.
Fino a quella sera per me Rivolta era principalmente l’uomo del Qohelet, l’attore che, girando per città e per parrocchie, aveva dato nuova linfa artistica al testo sapienziale, attraverso una forma espressiva di intelligente divulgazione come il teatro. Ma era anche l’attore che, proprio grazie a Socrate, era entrato in dialogo con un maestro della filosofia come Giovanni Reale, che giudicava la “sua” Apologia come «un messaggio vero per il sempre».
A Brunate scoprii in più un attore appassionato nell’interpretare, sensibile nel cogliere la reazione del pubblico, generoso nello spendersi senza risparmio. E disinvolto nell’interagire con la platea, abilissimo a coprire anche le magagne di chi – come il sottoscritto – gli faceva indegnamente da “spalla”.
Non so se, come Socrate contro l’immoralità della sua epoca, quella sera Rivolta stava già combattendo contro il suo male. So però che, in scena, non vidi un attore, ma Socrate stesso. Una prerogativa – quella di immedesimarsi con totale credibilità nel proprio personaggio – che appartiene solo ai grandi interpreti. E per questo gli rivolgo un ultimo, ammirato applauso.