Un bel calcio, una bella squadra, ma sopratutto la valorizzazione dei propri giovani. Questo secondo Bruno Pizzul il segreto della vittoria della Spagna ai Mondiali in Sudafrica. Non solo calcio giocato dunque, ma anche un’idea di sport che possa essere anche un’occasione di formazione e crescita.
«La finale, come capita spesso e volentieri quando il risultato è così importante – spiega il telecronista – non è stata spettacolare, però indubbiamente è stata molto combattuta, con gli olandesi che hanno impostato la partita forse con qualche eccesso di rudezza. Ma per il resto la partita ha seguito il copione atteso, con la Spagna a mantenere il controllo della situazione, con la solita grande difficoltà di tradurre in gol il gran volume di gioco sviluppato». Alla fine un guizzo ha risolto la partita: «Iniesta, uno degli elementi più rappresentativi del centrocampo spagnolo, ha sbloccato la situazione. Non è stata dunque una partita di grande spettacolarità però ha regalato emozioni fino all’ultimo».
Sintesi tra campioni e gruppo, questa è la Spagna…
Ma soprattutto espressione credibile di un calcio che in questi anni ha sempre privilegiato la tecnica individuale, il palleggio, la valorizzazione dei giovani. Il brogliaccio tattico è quello del Barcellona, quindi gran possesso di palla, e, certo, non sempre si può vincere, ma la qualità dei giocatori e l’efficacia del gioco della Spagna sono testimoniati da questa vittoria e dal fatto che le formazioni di club spagnole continuano a essere ai vertici internazionali.
Indubbiamente la Spagna è stata molto molto brava e continua a esserlo nella valorizzazione dei propri giovani: un tratto che la distingue decisamente dall’Italia…
Sì, è vero, e non è facile rimediare. Di certo l’organizzazione del settore giovanile dalle nostre parti in qualche maniera deve essere rivisto. Occorre che ci sia una maggiore attenzione nella valorizzazione della tecnica individuale, mentre da noi i ragazzini, fin quando sono più che bambini, vengono trattati quasi come fossero professionisti, si dà grande valore all’aspetto fisico, atletico, i giri di campo e via dicendo e poco forse alla presa di confidenza con il pallone, che è lo strumento di gioco fondamentale.
Questi Mondiali in Sudafrica sono riusciti a trasmettere messaggi simbolici al di là di quello che è stato il calcio giocato?
La speranza è che, una volta finita la ribalta, tutto non cada nel dimenticatoio. Va mantenuta l’attenzione del mondo verso i problemi che angosciano questo straordinario e incredibile continente, ancora alle prese con molti problemi di carattere economico, sociale e sanitario e via dicendo. Sicuramente l’impatto è stato molto forte a livello di emozione personale per le cose che abbiamo visto. Indubbiamente sotto questo profilo il Mondiale ci ha dato delle opportunità, ha suscitato delle attenzioni nelle nostre coscienze.
Proprio in quest’ottica come si può investire allora in calcio ed educazione a livello mondiale?
È di fondamentale importanza che anche il calcio – lo sport più diffuso e di più facile apprendimento – possa diventare una formidabile agenzia educativa per la formazione dei singoli individui e metta in moto meccanismi di solidarietà e attenzione reciproca. Va recuperata l’aggregazione gioiosa nel nome del calcio, per abituare i ragazzi a stare assieme, a conoscere i propri problemi, a sopportarsi, per sentirsi migliori anche sotto il profilo umano. In un momento in cui siamo alla ricerca disperata di agenzie educative credibili, anche lo sport deve recuperare questo suo fondamentale valore. Un bel calcio, una bella squadra, ma sopratutto la valorizzazione dei propri giovani. Questo secondo Bruno Pizzul il segreto della vittoria della Spagna ai Mondiali in Sudafrica. Non solo calcio giocato dunque, ma anche un’idea di sport che possa essere anche un’occasione di formazione e crescita.«La finale, come capita spesso e volentieri quando il risultato è così importante – spiega il telecronista – non è stata spettacolare, però indubbiamente è stata molto combattuta, con gli olandesi che hanno impostato la partita forse con qualche eccesso di rudezza. Ma per il resto la partita ha seguito il copione atteso, con la Spagna a mantenere il controllo della situazione, con la solita grande difficoltà di tradurre in gol il gran volume di gioco sviluppato». Alla fine un guizzo ha risolto la partita: «Iniesta, uno degli elementi più rappresentativi del centrocampo spagnolo, ha sbloccato la situazione. Non è stata dunque una partita di grande spettacolarità però ha regalato emozioni fino all’ultimo».Sintesi tra campioni e gruppo, questa è la Spagna…Ma soprattutto espressione credibile di un calcio che in questi anni ha sempre privilegiato la tecnica individuale, il palleggio, la valorizzazione dei giovani. Il brogliaccio tattico è quello del Barcellona, quindi gran possesso di palla, e, certo, non sempre si può vincere, ma la qualità dei giocatori e l’efficacia del gioco della Spagna sono testimoniati da questa vittoria e dal fatto che le formazioni di club spagnole continuano a essere ai vertici internazionali.Indubbiamente la Spagna è stata molto molto brava e continua a esserlo nella valorizzazione dei propri giovani: un tratto che la distingue decisamente dall’Italia…Sì, è vero, e non è facile rimediare. Di certo l’organizzazione del settore giovanile dalle nostre parti in qualche maniera deve essere rivisto. Occorre che ci sia una maggiore attenzione nella valorizzazione della tecnica individuale, mentre da noi i ragazzini, fin quando sono più che bambini, vengono trattati quasi come fossero professionisti, si dà grande valore all’aspetto fisico, atletico, i giri di campo e via dicendo e poco forse alla presa di confidenza con il pallone, che è lo strumento di gioco fondamentale.Questi Mondiali in Sudafrica sono riusciti a trasmettere messaggi simbolici al di là di quello che è stato il calcio giocato?La speranza è che, una volta finita la ribalta, tutto non cada nel dimenticatoio. Va mantenuta l’attenzione del mondo verso i problemi che angosciano questo straordinario e incredibile continente, ancora alle prese con molti problemi di carattere economico, sociale e sanitario e via dicendo. Sicuramente l’impatto è stato molto forte a livello di emozione personale per le cose che abbiamo visto. Indubbiamente sotto questo profilo il Mondiale ci ha dato delle opportunità, ha suscitato delle attenzioni nelle nostre coscienze.Proprio in quest’ottica come si può investire allora in calcio ed educazione a livello mondiale? È di fondamentale importanza che anche il calcio – lo sport più diffuso e di più facile apprendimento – possa diventare una formidabile agenzia educativa per la formazione dei singoli individui e metta in moto meccanismi di solidarietà e attenzione reciproca. Va recuperata l’aggregazione gioiosa nel nome del calcio, per abituare i ragazzi a stare assieme, a conoscere i propri problemi, a sopportarsi, per sentirsi migliori anche sotto il profilo umano. In un momento in cui siamo alla ricerca disperata di agenzie educative credibili, anche lo sport deve recuperare questo suo fondamentale valore.