Gli anni Sessanta partono nel segno dell’altezzoso francese Jacques Anquetil, che vince nel 1960 e nel 1964. Su strade decisamente meno tormentate le biciclette dei “pionieri” lasciano il posto a mezzi più sofisticati. Grazie a Torriani, che dà sfogo alla sua fantasia scoprendo località sconosciute, la corsa diventa anche un importante veicolo di propaganda turistica.
Il 1963 segna l’avvento in tv del Processo alla Tappa, condotto da Sergio Zavoli: quasi un talk-show, che dimostra come non tutti i ciclisti siano sprovveduti e impacciati davanti alle telecamere. Nel 1966 viene istituita la classifica a punti: fino al 1969 il leader veste una maglia rossa, dal 1970 in avanti una color ciclamino.
Nel 1967 la maglia rosa va al bergamasco Felice Gimondi: atleta completo, già primo al Tour del 1965, pare destinato a dominare il panorama internazionale. La sua ascesa viene però frenata da Eddy Merckx. Il fuoriclasse belga onora il soprannome di “Cannibale”, sempre affamato di successi, vincendo nel 1968, nel 1970, nel 1972, nel 1973 e nel 1974 (anno in cui al leader della speciale classifica del Gpm viene assegnata la maglia verde).
In mezzo a quel tornado Gimondi, primo del resto del mondo, riesce a fare tripletta con le vittorie nel 1969 e nel 1976. Si affermano nel frattempo i giovani italiani Bertoglio (primo nel Giro del 1975, che finisce in cima allo Stelvio) e Battaglin (vincitore nell’81).
Ma è tempo di un nuovo duello: Francesco Moser contro Giuseppe Saronni. All’impetuosa e a volte avventata carica agonistica del trentino fa riscontro la condotta al risparmio del lombardo, tanto ragionatore da sembrare opportunista. Sprinter capace di notevoli performances a cronometro, Saronni si impone nel 1979 e nel 1983.
Costretto per anni a pagare dazio sulle salite, Moser deve aspettare fino al 1984: rigenerato da nuove tecniche di preparazione e supportato da espedienti tecnici come le ruote lenticolari, sfila letteralmente la maglia rosa al francese Fignon durante l’ultima cronometro con arrivo all’Arena di Verona.
Negli anni Ottanta, comunque, il più assiduo nell’albo d’oro è il bretone Bernard Hinault, primo nel 1980, nel 1982 e nel 1985.