Un affare di Stato. La resa dei conti del Mondiale di MotoGp, domenica sulla pista di Valencia, non può più solo definirsi un fatto sportivo. Dopo il “fattaccio” tra Rossi e Marquez, quella sorta di “calcetto” analizzato fotogramma per fotogramma alla ricerca della verità, si è scatenata una guerra mediatica che nella storia delle due ruote ha pochi precedenti.
Che i due, nonostante i complimenti di facciata, non si amassero, era abbastanza noto. Dopo il titolo dell’anno scorso, Marquez continuava a tessere elogi di Valentino, descrivendolo come suo maestro, ma in realtà l’aveva già archiviato nella galleria degli ex e non si aspettava un ritorno così imperioso del campione marchigiano. Vale da parte sua ha forse esagerato nella teoria complottista che, prima o poi, contagia sempre tutti in questo strano Paese in cui viviamo. Il resto l’ha fatto una condotta di gare provocatoria da parte dello spagnolo, accusato dal rivale di fare il gioco di Jorge Lorenzo, che poi sarebbe il vero avversario di Rossi in questa stagione, ma che appare sempre più sullo sfondo, defilato, come se questa resa dei conti non lo riguardasse.
Il guaio è che Rossi, sempre così attento in pista, è cascato nel tranello e dopo il contatto incriminato, con la partenza in ultima fila (a meno che il ricorso al Tas non mischi ulteriormente le carte), vede seriamente compromesse le possibilità di arrivare al suo 10° titolo iridato. Occorre anche ricordare un fatto analogo: nel 2006 fa era Hayden ad avere 8 punti di ritardo su Valentino alla vigilia dell’ultima gara e gli riuscì il sorpasso. Ecco perché adesso siamo tutti lì, appesi a quei 7 punti di distacco che vogliono dire poco o tanto, in attesa del verdetto finale.
Nel frattempo quasi tutto il mondo si è spaccato a metà: naturalmente gli spagnoli si sono scagliati contro il centauro pesarese e, per una volta, perfino catalani e castigliani faranno fronte comune pur di veder trionfare Lorenzo, peraltro molto più brillante dell’avversario nelle ultime gare. A casa nostra, invece, tutti a fare fronte comune con Rossi: perfino il premier Renzi e il presidente del Coni Malagò l’hanno chiamato per rincuorarlo, così come la valanga di messaggi via Twitter-Facebook dei fans gli ha dato quella carica fondamentale per provare la remuntada dall’ultima fila proprio nella “tana del lupo”, in quella Valencia che sarà tappezzata quasi tutta a favore di Jorge, anche se non mancheranno i tifosi di Rossi.
Purtroppo tutto quello che è accaduto dentro e soprattutto fuoripista rischia di farci dimenticare che mai negli ultimi 15 anni si era assistito a un Mondiale di MotoGp così tirato e appassionante. Sembra di essere tornati ai tempi di Rossi e Biaggi, con tanto di sportellate assortite in pista e veleno seminato dai box fino all’ultimo dei giornali. Tant’è. Il comune denominatore resta sempre lui, Valentino, 36 anni e nove titoli iridati, eppure un’immutata voglia di correre e dare la paga a tutti, compreso quel Marquez che domenica, essendo escluso dalla corsa al titolo, continuerà a giocare di sponda, cercando di far perdere punti e posizioni al rivale. E per fortuna siamo arrivati al termine della stagione: per la prossima urge un armistizio che possa normalizzare le cose, anche perché in pista non si scherza. Certe cadute, certi tagli di curva o dispetti assortiti in questo sport fanno in fretta a tramutarsi in tragedia. Meglio che tutti si diano una calmata.