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Sirio 18 - 24 novembre 2024
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Il Cardinale e lo sport

Quando Martini “scese in campo”

Un’attenzione sincera alla “persona” dello sportivo, a tutti i livelli, tradottasi in diversi interventi significativi e nella promozione del tradizionale appuntamento natalizio

di don Alessio ALBERTINI Segretario Commissione Sport Diocesi di Milano

10 Settembre 2012

Alla vigilia dei campionati del mondo di calcio svoltisi in Italia nel 1990, il cardinale Carlo Maria Martini intervenne al convegno promosso dall’Arcidiocesi e, prendendo spunto dagli stadi appena ristrutturati, rivolse un pensiero alle masse di giovani che frequentano i luoghi dello sport: «Ci ritroveremmo una cattedrale circondata dal deserto senza vita se noi adulti non ci preoccupassimo anzitutto di porci al servizio dei giovani, senza strumentalizzarli in favore di risultati sportivi generici, bensì mostrando loro che tutto quello che facciamo è per amore della loro vita, della loro maturità, del loro bisogno di speranza e di gioia, del loro bisogno di servire e di condividere. Non possiamo illuderli, né ingannarli. Quando li chiamiamo per fare sport, vogliamo educarli a comprendere che anche lo sport è un esercizio per diventare grandi, maturi, per diventare coscienti e contenti del dono della vita, della salute, degli affetti, della famiglia, della suola, del lavoro, dell’impegno sociale e politico, e pure della fede che riceviamo come dono gratuito dall’alto».

La sua è stata soprattutto un’attenzione pastorale a questo straordinario mondo che sempre più è diventato luogo capace di trasmettere valori o disvalori e autentica palestra di formazione. Anche il Sinodo 47°, autentica carta di comunione della Chiesa di Milano, ha offerto contenuti “sportivi”, che l’Arcivescovo Martini ha voluto rilanciare in più di un’occasione: «La Chiesa ambrosiana riconosce l’importanza della pratica sportiva, soprattutto a livello dilettantistico e amatoriale, per la formazione della persona umana e per questo ne inserisce istanze formative ed educative nei Progetti Pastorali della parrocchie e degli oratori, delle scuole, delle associazioni e dei movimenti…».

È l’uomo nella sua interezza che è cura e premura da parte della Chiesa. Anche negli ambienti come l’oratorio viene promossa l’attività sportiva per tutti, con l’intenzione di aiutare le giovani generazioni a crescere e diventare più uomini. Non è il campione che si vuole curare, ma l’uomo intero, che può anche diventare campione.

Com’era nella sensibilità dell’Arcivescovo Martini, l’attenzione della Chiesa deve rivolgersi anche al mondo dello sport professionistico e alle sue organizzazioni. Lo deve fare perché «si interessa dell’uomo, perché è profondamente coinvolta nella sua vicenda e impegnata, per vocazione e missione, nella sua salvezza». Da questa profonda convinzione nacque, proprio per volontà di Martini, il Natale degli Sportivi, tradizionale appuntamento che dal 2000, alla vigilia di Natale, riunisce attorno all’Arcivescovo l’intero mondo sportivo diocesano, professionistico e non.

L’occasione permetteva di rimettere a fuoco il “traguardo più importante”, la meta di ogni bravo sportivo. In quell’occasione l’intero mondo dello sport si ritrovava più accomunato dai valori della persona che distanziato dai budget, necessariamente diversi, per ascoltare la parola autorevole del Card. Martini: «È importante che da ogni evento sportivo di vertice o di base, locale o mondiale, ogni persona possa uscire più vera, più umana, un po’ più felice. Tanto dallo Stadio Meazza, quanto da un campetto di periferia, da un team miliardario o da una squadra di ragazzi dovrebbero uscire, sempre, uomini e donne più forti, più veri, più umili. Atleti e dirigenti, giornalisti e tifosi, devono mostrare che con lo sport si diventa migliori. C’è questo desiderio nel cuore di tutti gli sportivi?». Per fare questo non bastano solo belle parole e le buone intenzioni occorrono anche esempi trainanti. Gli atleti devono diventare sempre più testimoni per i giovani: «Oggi c’è bisogno di campioni così, che mostrino che lo sport non impedisce, anzi libera l’umanità che è in noi e ci fa più autenticamente persone».

Il cardinale Martini – che da giovane tifava Juventus, Nuvolari e i grandi nomi del ciclismo – non si vergognava di ammettere che più dei campi sportivi «io ho frequentato i libri della Sacra Scrittura e lì ho incontrato esempi di vita autentica, campioni di umanità. Abramo con la sua speranza, Mosè con la sua fede, Giuditta con il suo coraggio, Davide con la sua tenacia e umiltà, Salomone con la sua saggezza, Giobbe con la sua franchezza; e ancora la forza d’animo di Maria e Giuseppe, la generosità di Pietro, la passione ardente di Paolo, l’intuizione profonda di Giovanni… Tutte queste e altre qualità messe insieme e coltivate sono il corredo più autentico di ogni uomo vero e perciò anche di ogni vero sportivo».

Non ha rinunciato, il cardinale Martini, a offrire un pensiero anche ai giornalisti sportivi, nella sua unica intervista rilasciata alla Gazzetta dello Sport: «Ho sempre esaltato una qualità dei giornalisti sportivi, quella di saper presentare in maniera attraente il gratuito. Lo sport è gioco, non serve a niente se non a vivere questo esercizio con entusiasmo. Come una celebrazione liturgica: è bella in sé, è un gioco dello spirito. E i giornalisti sportivi hanno il grande merito di saper riconoscere il carattere ludico dell’esistenza: non semplicemente il calcolo e il guadagno, ma anche la bellezza dell’azione umana”.

Grazie Eminenza, da parte di tutto il mondo dello sport! Lontano, forse, dalla sua esperienza, ma non dal suo cuore di padre.