L’Italia del tifo sportivo, si divide da sempre in due grandi passioni: calcio e motori. Emblemi ne sono da sempre le due massime espressioni: la Nazionale azzurra per il football e quella “Rossa”, intesa come scuderia Ferrari (e per le moto in parte, la Ducati) per le quattro e due ruote. Per questi due movimenti il 2014 rappresenta una sorta di spartiacque, dopo il disastro del Mondiale brasiliano per il calcio e le brutte figure della scuderia di Maranello, culminate in un Gp di Monza da incubo e il conseguente terremoto ai vertici, con l’annunciato cambio della guardia Montezemolo-Marchionne.
Serve quindi mettere un punto a capo per entrambe le realtà e dopo le furibonde polemiche di questi mesi, gli azzurri del calcio, sotto la gestione Conte, cominciano in effetti a far intravvedere un ritorno di fiamma e di passione per quello che questa maglia rappresenta. Molto più complicato il discorso da fare per la scuderia del Cavallino, che da sei anni continua a rimandare la rinascita e ora si trova in crisi anche a livello dirigenziale, con una conduzione tecnica da rivedere e un presidente come Montezemolo che a ottobre saluterà Casa Maranello dopo una vita in Ferrari, prima ai box, nell’era Lauda, fino alla presidenza e ai trionfi di Schumacher. Fatali per lui le esternazioni di Marchionne, “ad” di Fiat Chrysler, proprietaria della società modenese.
Ma andiamo con ordine. Dopo la solita estate di veleni e polemiche dovute non solo alla figuraccia brasiliana dei ragazzi di Prandelli, ma anche alle infelici esternazioni a sfondo razzista di quello che poi diventerà presidente della Federcalcio, Carlo Tavecchio, il nostro calcio ha però avuto, quasi provvidenzialmente, un suo asso da giocare, avendo Antonio Conte interrotto bruscamente la sua collaborazione con la Juventus dopo tre scudetti consecutivi. Puntare su Conte era a quel punto una strada obbligata e il sistema di regole subito sbandierate dal tecnico salentino, non lasciavano più margini a chi aveva vestito la maglia azzurra in modo così approssimativo e a volte poco professionale. Dal punto di vista tecnico-tattico poi, fin dall’amichevole con l’Olanda si è capito che i nuovi (e vecchi) convocati avevano cambiato registro. Prima ancora che sul campo, il nuovo ct guarda infatti ai comportamenti fuori dal rettangolo di gioco, anche perché gli azzurri restano delle vere icone per i nostri ragazzi e certe bravate non saranno più consentite (primo effetto: la non convocazione dei vari Balotelli e Cassano). Poi, nell’esordio che conta in Norvegia, gli azzurri, con un Zaza esplosivo e una difesa tornata saracinesca espugnano con facilità il campo della Norvegia: per risalire a un successo azzurro a Oslo, dobbiamo tornare all’impresa firmata da Piola e Meazza e questo ci fa capire come la strada intrapresa da Conte stia già portando i primi risultati.
Questa voglia di riscatto è invece ancora mortificata dai risultati per la Nazionale Rossa: un Gp di Monza così funesto in Ferrari non se lo ricordano, al punto che Marchionne ha perso davvero la pazienza tuonando che «non è accettabile che il Cavallino non vinca dal 2008» e rivolgendosi a Montezemolo, lo ha praticamente liquidato con un «nessuno è indispensabile». Logico a questo punto l’addio del presidentissimo rimpiazzato al timone dallo stesso Marchionne, che, per chi lo conosce, è uomo che non si abbandona a romanticismi: non ci stupiremmo se da oggi a fine anno molti dei posti chiave a Maranello salteranno, pur però ricordando la lunghissima sequenza di successi targata Montezemolo. Ma lo sport non ha memoria e neppure la finanza. Anche perché un brand come Ferrari, che vive soprattutto per il suo alone leggendario e per essere icona del made in Italy, non può permettersi il lusso di restare ai box ancora per troppo tempo.