Era il tempo dei pionieri. I velocipedi si erano già trasformati in biciclette, ma le strade erano ancora marroni di fango, più simili a greti limacciosi di torrenti che a vie di comunicazione. Le corse tagliavano in due l’Italia e duravano anche ventiquattrore, con bivacchi notturni rischiarati dalla luce incerta dei fanali e della luna. I corridori erano fasciati da divise monocromatiche e sfoggiavano baffi lunghi come i manubri dei loro mezzi. Come quelli di Giovanni Cuniolo (1884-1955), tra i prim’attori di quegli anni avventurosi, passato alla storia col soprannome di “Manina”, attribuito alla sua abilità di farsi largo in modo poco ortodosso nelle volate, e invece appellativo con cui si identificava un ramo della sua famiglia a Tortona, città natale.
Proprio a Tortona un manipolo di appassionati – tra cui il bisnipote di Cuniolo, Giovanni come lui – hanno promosso un volume sulla vita del campione di casa, tra realtà e leggenda, storia e romanzo. Hanno scelto la via maestra affidandosi alla penna magica di Claudio Gregori, che negli ultimi trent’anni, sulla Gazzetta dello Sport, ha seguito come inviato migliaia di avvenimenti sportivi, documentandoli col rigore del cronista e al tempo stesso costruendovi attorno brani da antologia letteraria. Come ha fatto ripercorrendo l’epopea di “Manina” in questo volume, che comprende anche “finestre” su fatti e personaggi intersecati alle vicende del corridore.
Cuniolo fu tra gli artefici di una nuova “età dell’oro” della bicicletta, che ai primi del Novecento pareva destinata a soccombere davanti all’avvento di motociclette, automobili e aeroplani. In quel periodo videro la luce le competizioni più prestigiose del calendario ciclistico: il Giro d’Italia, la Milano-Sanremo, il Giro di Lombardia… Oltre che per il soprannome, è ricordato per essere stato tra i primi protagonisti dello sport a emigrare all’estero, andando a correre negli Stati Uniti e perfino in Australia. Ma fu corridore vero, grande velocista, capace di vincere su strada e su pista, di conquistare un Giro di Lombardia, tre campionati italiani consecutivi (fu il primo a indossare la maglia tricolore) più altre “classiche” dell’epoca e di stabilire il record italiano dell’ora, al Trotter di Milano.
Fu parte in causa nel primo, acerrimo dualismo del ciclismo italiano. Il suo rivale era Giovanni Gerbi, il “Diavolo Rosso” di Asti, luciferino nell’escogitare modi per aggirare il regolamento e buggerare gli avversari, ma a sua volta atleta di mezzi e determinazione non comuni. I loro duelli non avevano certo un’eleganza da cappa e spada, semmai un furore da rissa di strada (dove in effetti avevano luogo…). Tra i due, se Gerbi era il “Diavolo”, Cuniolo poteva sembrare un angelo solo quando indossava la maglia biancoblu della Bianchi, ma non era sicuramente disposto a porgere l’altra guancia. Eppure la rivalità non pregiudicò il rispetto e la stima che si instaurarono tra i due quando entrambi ebbero attaccato la bicicletta al chiodo.
Cuniolo fu protagonista anche nel dopo-corse. Allievo di don Orione – che gli trasmise il senso della giustizia e della lealtà – fu abile imprenditore e generoso mecenate (come molti anni dopo sarebbe stato Fiorenzo Magni) e cittadino attivo e partecipe delle vicende della sua Tortona. Nella genealogia ciclistica che è una peculiarità di quel tratto di terra tra Piemonte e Liguria, si può considerare il “papà” di Costante Girardengo da Novi Ligure e il “nonno” di Fausto Coppi da Castellania, essendo stato amico e consigliere di entrambi i Campionissimi. A Coppi, in particolare, fu vicino sia nei momenti lieti – come il record dell’ora stabilito al Vigorelli nel 1942 -, sia nelle ore più tragiche, come la morte del fratello Serse dopo una caduta nel Giro del Piemonte del 1951.
Tutto questo è narrato in “Giovanni Cuniolo. ‘Manina’” (pubblicato col contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Tortona). Malgrado la mole enciclopedica delle notizie – frutto di una imponente ricerca documentaria e corredata da una ricca iconografia – la lettura è resa lieve da aneddoti, curiosità e digressioni coinvolgenti e appassionanti, nelle quali compaiono anche personaggi come Buffalo Bill, Tazio Nuvolari ed Emilio Salgari. A illuminare un capitolo di storia, non solo sportiva, assolutamente affascinante.