Adesso sì che ci divertiamo: il Dottore è tornato a dettar legge sulle piste della MotoGp, Valentino Rossi sembra ancora un ragazzino e con quella Yamaha fa quello che vuole, come diceva Lucio Dalla di Nuvolari nella famosa canzone. Dopo essere rinato dal limbo Ducati, il campione marchigiano sembra non voler più abbandonare la scena: molti pensavano potesse tornare a buoni livelli, ma mai così competitivo. Però Rossi è unico: nel suo modo di pilotare una moto come nel concedere un’intervista.
Il suo erede, Marc Marquez, lo stima, lo chiama maestro, ma in gara ha cominciato a capire che per il suo avversario l’età della pensione è ancora lontana. Così lo ha “preso a sportellate”, come ha detto Vale, che però alla fine di una gimkana da fuoriclasse, gli è sbucato davanti tagliando la pista ed è andato a prendersi la vittoria in quel di Assen, da sempre considerata l’Università delle moto. E anche Lorenzo ora è più lontano in classifica: il tempo sembra essersi fermato per questo immortale centauro con l’eterna faccia da bambino e un enorme fegato in pista, capace di sbucare dove non passerebbe uno spillo, di disegnare traiettorie folli, di rincorrere quel decimo titolo iridato con feroce ostinazione, di far gioire un popolo intero, che ritrova il suo condottiero su due ruote.
Così, a 36 anni suonati, Rossi trionfa per la nona volta nel Gp olandese, la vittoria numero 111 in carriera, centrando il terzo successo stagionale e una pole position rara e dispettosa. Lui infatti, le sue vittorie, di solito le costruisce in rimonta: ma con questa Yamaha, con questo team con cui si trova a meraviglia, diventa difficile farsi superare anche in prova. Ora domenica lo aspetta la controprova sul circuito tedesco di Sachsenring e saremo di nuovo tutti lì, per la solita full immersion, tutta curve e adrenalina, fino all’ultima staccata, esattamente come 10 anni fa, a tifare come sempre per The Doctor.
In fondo possiamo illuderci che se non invecchia lui, non invecchiamo neppure noi che lo ammiriamo, che ci esaltiamo a ogni infilata, e a ogni curva ci sembra di sentirlo pure noi quell’asfalto bollente, lingua di fuoco che porta fino alla bandiera a scacchi. Uno come lui non nascerà più, quindi godiamocelo fino in fondo, senza fare troppi calcoli, perché raramente un campione ha regalato ai suoi tifosi emozioni così intense: penso a Maradona nel calcio, forse Merckx nel ciclismo, sicuramente Muhammad Alì nella boxe. Pochi altri. E pochissimi che siano rinati dalle loro ceneri. Vale è così, inutile aggiungere altre parole: bisogna solo darsi appuntamento in pista o davanti alla tv. Al resto ci pensa lui.