Un Giro da battaglia fin dalle prime curve, una Corsa Rosa che sta entrando nel vivo, un fenomeno che non può essere liquidato solo dal punto di vista sportivo. Il Giro d’Italia è molto di più: è umanità, voglia di esserci, dimostrare il volto di un Paese che, pur mortificato dalla crisi devastante, non vuole arrendersi. E lo si vede sulle sue strade, sempre gremite di quel pubblico che sembra uscito dalla leggendaria canzone di Paolo Conte, quando «scalpitando sui suoi sandali» aspettava l’arrivo di Gino Bartali.
Quante generazioni hanno sognato seguendo le pedalate, su e giù per lo Stivale, dei vari Girardengo, Binda, appunto Bartali e Coppi, prima e dopo la seconda guerra mondiale, fino ai fenomeni contemporanei del pedale: da Gimondi a Merckx, il più grande di tutti, fino alle imprese di Hinault e Indurain e alla parabola esaltante e tragica del “pirata” Pantani. Immedesimarsi in loro significava dimenticare per un pomeriggio tutte le ansie di un’esistenza magari grama, per assistere a un traguardo in volata, a un Gran premio della montagna, a una cronometro percorsa a tutta velocità.
Ma il legame tra gli italiani e il Giro va al di là del campione, altrimenti le cocenti e ripetute delusioni per i continui scandali che hanno accompagnato gli ultimi anni delle due ruote, doping in primis, avrebbero travolto tutto e tutti. Invece la favola del Giro rinasce ogni anno come se fosse la prima volta (e invece ci avviciniamo al centenario, quest’anno siamo a quota 96) e quelle 21 tappe, quei 3.500 chilometri sono soprattutto la festa di un Paese orgoglioso, che vede nella maglia rosa un simbolo di eccellenza e di virtù da mostrare con fierezza, quasi come un abito firmato da Armani o un grande Barolo, o ancora un Parmigiano di annate superbe.
Quest’anno la volumetria ha regalato emozioni fin dalle prime tappe: ci penseranno poi il Gavia e il Mortirolo a emettere le sentenze definitive. Un tracciato pieno di insidie che non fa dormire sonni tranquilli. Lo dimostrano le cadute che hanno attardato il britannico Bradley Wiggins, trionfatore del Tour 2012 e principale favorito per la vittoria finale.
Le speranze italiche affidate allo “squalo dello Stretto”, alias Vincenzo Nibali, sembrano ben riposte, dato che il messinese, dopo le recenti vittorie alla Tirreno-Adriatico e al Giro del Trentino, è già in testa alla classifica. Ma al di là dei vincitori, delle possibili sorprese o dei veterani come Paolini che hanno trovato la maglia rosa a 36 anni, il Giro resta una straordinaria festa di popolo: il meraviglioso arrivo in piazzale Michelangelo a Firenza, un abbraccio collettivo, colorato e pieno di emozioni, riassume tutta l’essenza di un evento unico e irrinunciabile.