Una passione coltivata negli spazi verdi di Villasanta: «Ho iniziato tardi, a 12 anni, dopo essermi dilettato con la ginnastica artistica, che mi ha formato atleticamente. La priorità ai tempi era la scuola – rimpiango di non aver studiato le lingue – e, perché no, il sogno di portare avanti ciò che mio padre, da metalmeccanico, aveva costruito». È uno dei passaggi dell’ampia intervista che Filippo Galli, ex campione del Milan e oggi responsabile del settore giovanile della società rossonera, ha rilasciato a Fabrizio Annaro e Camilla Mantegazza, on line su www.ildialogodimonza.it/
Nella conversazione Galli racconta l’emozione del debutto a San Siro, le gioie provate per gli scudetti e le Coppe del Milan, ma anche per la promozione in serie A col Brescia, e fornisce anche preziosi consigli ai giovanissimi che aspirano a diventare campioni. Come reagire all’eventuale delusione di non riuscire a “sfondare”? «Alcuni genitori creano e alimentano queste illusioni che, in un modo o nell’altro, divengono delusioni. Il loro compito deve essere quello di accompagnare i ragazzi verso scelte giuste e responsabili, senza seguire il faro della popolarità. Considerare il calcio un ascensore sociale, un riscatto dalla propria condizione economica e sociale, è un errore grave che si ripercuote negativamente sui ragazzi». E a quali condizioni il calcio può essere veramente educativo? Solo se, «estraneo alle logiche aziendali e del profitto», si dimostra «più attento all’umanità dei giovani che cresce».