Quale futuro per il calciatore professionista nel mondo del lavoro, una volta appese le scarpette al chiodo, abbandonato il calcio giocato e uscito dal campo di azione dei riflettori? A rispondere alla domanda è l’analisi sul post carriera dei calciatori professionisti “Fine primo tempo”, una panoramica voluta dall’Associazione Italiana Calciatori (AIC) e realizzata con Studio Ghiretti & Associati. Il lavoro è stato presentato all’interno della mostra “Football Heroes” di piazza San Babila a Milano, alla presenza di Diego Bonavina, presidente di Aic Onlus, Fabio Poli, direttore organizzativo di Aic, e Roberto Ghiretti, presidente di Studio Ghiretti & Associati. A portare una testimonianza del proprio percorso avviato dopo l’agonismo sono stati Massimo Paganin, ex difensore dell’Inter, e Paolo Conti, ex portiere di Roma e Fiorentina.
La ricerca
Lo studio “Fine primo tempo – Analisi sul ‘dopo-carriera’ dei calciatori professionisti” si compone di tre parti. La prima, intitolata “Che fine hanno fatto”, è un’indagine realizzata su 2611 calciatori in attività nella stagione 1992/1993; la seconda è un’indagine svolta su 499 calciatori che hanno giocato l’ultima stagione sportiva (2014/2015) che hanno risposto a un questionario con domande inerenti il futuro in termini di idee, progetti, inclinazioni, preoccupazioni, settori di interesse, formazione; infine, la terza parte è dedicata alle storie e alle testimonianze di alcuni dei calciatori che hanno disputato la stagione 1992/1993 in relazione al loro percorso lavorativo post carriera calcistica.
I numeri
Emergono diversi dati interessanti, che disegnano una panoramica delle aspettative dei calciatori in relazione al loro “secondo tempo” e delle reali possibilità di ricollocazione. Prima di tutto, se un calciatore non è riuscito a trovare una sistemazione entro i primi 4-5 anni dal termine della propria carriera agonistica, rischia di uscire definitivamente dal circuito professionistico. E i numeri parlano chiaro: il 61,4% degli ex calciatori professionisti non opera a nessun livello nel mondo del calcio, nonostante 3/4 degli atleti in questione abbia acquisito un titolo di abilitazione per farlo (di questi, ben il 97,5% quello di allenatore). Ancora: solo il 10% degli ex calciatori professionisti ha lavorato in maniera continuativa nelle ultime tre stagioni nel calcio professionistico. Si tratta di un dato che fa a pugni con la volontà dei calciatori professionisti in campo l’ultima stagione: addirittura il 75,8% di loro pensa di restare in qualche modo nel mondo del pallone e più della metà di questi ultimi non ha pensato ad un’alternativa nel caso non ci riuscisse. Ma ci sono tanti altri dati. Il 51,8% dei calciatori che hanno disputato l’ultima stagione pensa al proprio futuro, ma il dato è influenzato da età e categoria: più si sale di livello, meno pensieri si hanno; più si invecchia, più le preoccupazioni aumentano. A tal proposito, il 32,1% degli interpellati si dichiara molto o abbastanza preoccupato per il proprio post carriera. Proprio per questo, l’83,5% dei calciatori in attività riconosce l’utilità di corsi di orientamento professionale post carriera non inerenti una formazione specifica in ambito calcistico.
Arriva proprio da quest’ultimo dato la conferma della bontà del lavoro di AIC Onlus, che quest’anno ha dato vita alla V edizione di “AIC – Ancora In Carriera – Manager”, il corso formativo nato con l’obiettivo di preparare i partecipanti ad un post carriera oltre lo sport praticato. Così facendo, AIC rinnova l’impegno e lo sforzo rivolti alla formazione degli ex calciatori, indirizzandoli verso un percorso che, da una parte, dia consapevolezza delle proprie competenze acquisite sul campo di gioco, dall’altra fornisca conoscenze e strumenti per ricollocarsi professionalmente nel mondo del calcio o in altri settori.
Infine, dalle testimonianze di ex calciatori professionisti, risulta evidente come il calcio offra competenze, capacità gestionali e una rete di relazioni che possono essere messe a frutto con ottimi risultati in altri campi. I più battuti risultano sicuramente quelli dell’imprenditoria, del commercio e della ristorazione, nonché della politica e dell’associazionismo.
Le dichiarazioni
Diego Bonavina, presidente di Aic Onlus : «Quella dei calciatori è una categoria di fortunati: possono fare per passione ciò che più piace e, soprattutto, riesce meglio. Lo so, perché ho giocato e ho avuto la fortuna di essere nel Treviso negli anni Novanta, quello del miracolo che ci ha portati dalla serie D alla serie B in solo tre anni, grazie ad altrettante promozioni consecutive. Durante la carriera studiavo e, una volta diventato avvocato, ho iniziato a lavorare mentre ancora giocavo. Credo che il calciatore possa e debba pensare al suo futuro. Se abbiamo voluto questa indagine è perché crediamo fermamente nel progetto formativo che abbiamo avviato e siamo convinti che conoscere sia il primo passo per programmare interventi ancora più adeguati a sostenere il difficile passaggio dal mondo del lavoro agonistico a quello tradizionale».
Fabio Poli, direttore organizzativo di Aic: «Quest’analisi è ampia, dettagliata, importante e attuale, perché la categoria professionale dei calciatori si trova sempre di fronte a una scelta che le mutate dinamiche del mondo del lavoro hanno reso decisamente attuale: pensare al prossimo lavoro. Noi di Aic vogliamo essere vicini ai calciatori in questo percorso, in cui l’ex atleta è chiamato a valorizzare le competenze acquisite, per renderle spendibili in altri ambiti professionali. E le conoscenze che acquisisce un calciatore sono estremamente funzionali in altri settori di lavoro, anche al di fuori del mondo del calcio. Per esempio quelle acquisite “dentro lo spogliatoio”, che sono tra le più richieste dalle imprese. Così come la “rete di relazioni” costruita negli anni può rivelarsi funzionale in ogni ambiente».
Roberto Ghiretti, presidente di Studio Ghiretti & Associati: «Questa ricerca ha comportato un lavoro di desk di circa 4 mesi, al quale ci siamo approcciati in maniera analitica, senza mai dimenticare l’amore e la passione per lo sport e per chi sa esaltarlo nella sua migliore espressione. I numeri e le testimonianze dirette dei calciatori professionisti di ieri e di oggi indicano la strada del lavoro che deve essere fatto da qui in avanti; l’obiettivo è non avere pensionati a 35 anni (molti dei quali senza pensione) e permettere ai calciatori di costruirsi una nuova e proficua carriera post agonismo. Sfida difficile, ma non impossibile se giocata in modo corale da tutti. L’Associazione Italiana Calciatori ha il merito di aver iniziato già da diversi anni l’impegno su questo fronte, ma credo che lo sforzo debba essere collettivo: tutte le istituzioni, sportive e non solo, si devono occupare del futuro degli atleti di alto livello».