Non è la solita atleta scelta a caso, tanto per far vedere che si è designato qualcuno in grado in un colpo solo di dare rappresentanza allo sport e alle donne. No, Josefa Idem è molto di più. Incarna la forza di volontà, la voglia di emergere, la mentalità vincente frutto di una determinazione feroce, ma anche la capacità di conciliare i tempi della famiglia con quelli del lavoro. Infine, particolare non trascurabile, è una tedesca con cuore e famiglia italiani (sposata con il suo allenatore Guglielmo Guerrini, ha due figli), caso raro in tempi i cui i rapporti tra i due Paesi non sono proprio idilliaci.
Ormai ravennate ad honorem (cittadina italiana da 23 anni), la 49enne di Goch diventa ministro delle Pari Opportunità e soprattutto dello Sport del governo Letta, in un momento difficilissimo per il movimento sportivo.
Il suo palmares fa spavento: è stata campionessa mondiale e olimpica nella specialità del kayak individuale, vincendo 35 medaglie tra Olimpiadi, mondiali ed europei. È la prima e unica donna nella storia della canoa italiana ad avere vinto sia un Mondiale sia una Olimpiade. Nonostante questo impegno estremo a livello agonistico, ha sempre avuto una sensibilità particolare verso l’impegno sociale e politico: dal 2001 è stata assessore allo Sport del Comune di Ravenna, fino ad essere stata eletta nel Senato tra le fila del Pd in questa legislatura. Ma al di là delle scelte politiche, forse per la prima volta la politica ha pensato allo sport non come un accessorio o un appendice da cui attingere consensi, affidando a uno dei mostri sacri del nostro movimento, un ministero il cui percorso potrebbe regalare parecchie sorprese.
Già le prime dichiarazioni fanno ben sperare e rivelano un’impostazione che è poi quella che ha permesso ai Paesi nordici europei di imporsi a livello giovanile: «Si partirà dalle scuole elementari – ha detto il neo ministro -: bisogna garantire ai bambini la possibilità di fare attività fisica». Le idee chiare Josefa le ha da sempre: eletta lo scorso febbraio nel Consiglio nazionale del Coni in rappresentanza degli atleti, rispondeva così a chi forse non aveva ben capito la missione sportiva: «Sacrificio lo sport? Sacrificio è non avere il pane ogni giorno, non avere un tetto sopra il capo, lo sport è un grande impegno». Buon lavoro ministro, siamo certi che la sua passione non sarà inferiore a quella che metteva durante una delle sue mille gare in canoa: chissà che con lei al timone, tanti scandali e magagne, tanti interessi che rendono oggi tossica una parte dell’attività sportiva, finiscano per diradarsi, insieme a quel razzismo strisciante che forse è diventata la prima emergenza da affrontare, insieme allo stato decadente delle nostre strutture (la legge sugli stadi ancora latita) e una buona prevenzione, per far sì che i tanti casi Morosini (non solo nel calcio), non abbiano più a ripetersi.