«Trump non riconosce il surriscaldamento globale e allontanandosi dagli obbiettivi fissati in materia ambientale da Obama ha varato un piano energetico che punta sui combustibili fossili»; questa è la notizia riportata dai giornali.
Trump anche se non ha eliminato l’Agenzia della protezione ambientale tuttavia ne ha minato l’efficacia; inoltre, ha fissato un ordine esecutivo per rivedere il piano voluto da Obama considerandolo un peso all’industria automobilista Usa e soprattutto ha annunciato l’uscita degli Usa dagli Accordi di Parigi.
Gli Accordi di Parigi sui cambiamenti climatici del 12 dicembre 2015 infatti sono volti a guidare la transizione verso un’economia globale a bassa emissione di carbonio.
Impegnano gli Stati firmatari a mantenere l’aumento della temperatura media globale ben al di sotto di 2 gradi centigradi ed a proseguire gli sforzi volti a limitare l’aumento a 1,5 gradi centigradi.
Gli Accordi di Parigi che constano di 20 articoli e il cui termine di attuazione è indicato nel 2020 devono essere ratificati da 55 Paesi che rappresentano il 55% delle emissioni mondiali di gas serra; erano già stati preceduti nel 1992 dalla Conferenza di Rio, ratificata da 195 Stati, praticamente da tutta la comunità internazionale, contro la concentrazione di gas serra nell’atmosfera per raggiungerne la stabilizzazione.
Nel Protocollo di Kyoto del 1997 si era preso in considerazione la deforestazione, e già da allora si era evidenziato come l’accordo ambientale globale fosse lo strumento necessario per affrontare tutti i cambiamenti climatici.
I principi cui sono informati gli Accordi di Parigi sono il principio di sviluppo sostenibile e le necessità degli Stati e delle categorie più vulnerabili, e sulla base dei pilastri, del dato scientifico e dell’equità, dovrà essere costruito l’impegno della comunità internazionale nel contenimento del cambiamento climatico.
Gli Accordi sono una scommessa il cui esito si potrà verificare solo fra molti anni nel rispetto dei piani quinquennali da presentare periodicamente dagli Stati.
Da ultimo, nell’ottica di questi obbiettivi, il nel 2016 si era tenuta a Marrakech la XXII Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite con l’istituzione del Fondo verde per aiutare i Paesi in via di sviluppo.
In ogni caso, dopo Parigi, la questione climatica è entrata nella coscienza collettiva a tutti i livelli ed ha stimolato una convergenza di interessi tra vari protagonisti, enti locali, società civile, industrie, finanze e naturalmente i governi. Ogni anno infatti si assiste ad un progressivo aumento della temperatura del globo e dell’impatto sempre maggiore dei cambiamenti che ne derivano.
Tuttavia non sono i politici i leader che più sembrano consapevoli delle sfide che assillano l’umanità bensì figure come il Dalai Lama, il patriarca Bartolomeo e soprattutto papa Francesco.
L’appello di papa Francesco, in particolare, è rivolto indistintamente a tutti gli uomini per compiere una conversione ecologica capace di promuovere lo sviluppo sostenibile cercando la giustizia sociale ed il superamento di un sistema iniquo che produce miseria, disuguaglianza ed esclusione.