Cade quest’anno il centenario della nascita di don Luigi Sturzo. La Civiltà Cattolica e Aggiornamenti Sociali ne hanno illustrato la vita e le opere, e non è un caso che voci autorevoli abbiano richiamato l’attenzione sulla figura del sacerdote di Caltagirone nel contesto storico in cui la sua azione si è svolta, e per alcuni aspetti di attualità.
I cattolici appaiono infatti disorientati nella scelta di una rappresentanza politica, essendo venuto meno un partito di riferimento, e non trovando nelle aggregazioni attuali i valori che giustifichino l’adesione. Come allora, non si tratta di fondare un partito cattolico, ma di creare una forza politica che non sia solo di cattolici praticanti, ma di tutti coloro che credono nei valori che devono accompagnare l’azione politica per il raggiungimento degli obiettivi che devono essere perseguiti nell’interesse del Paese. Ed è opportuno, e soprattutto, che la dialettica propria della democrazia e del dibattito politico sia diretta alla ricerca dei più idonei strumenti di governo, ispirata al principio dell’idem sentire de republica, che Luigi Sturzo, nella parte introduttiva dell’Appello ai liberi e forti, riversa nell’invito a «proporre ai fini superiori della Patria senza pregiudizi né preconcetti perché tutti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà».
È in questo quadro che il Paese si era mosso trovando nel secondo dopoguerra il momento più alto nella spinta di Alcide De Gasperi, poi ripresa da Aldo Moro, per la costruzione di un cattolicesimo democratico, aperto al dibattito con altre forze politiche, e al confronto con esse nella ricerca e attuazione di obiettivi di governo diretti alla crescita civile, morale, e economica del Paese. È dunque attuale l’appello di Luigi Sturzo quando chiede l’adesione degli uomini liberi e forti a presentarsi nella vita politica con la bandiera morale e sociale dell’ispirazione ai saldi principi del cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia.
Impegno non agevole da assumere e mantenere, se si considerano i grandi mutamenti introdotti dagli strumenti di comunicazione e aggregazione, che un tempo trovavano espressione nei dibattiti nelle assise dei partiti, nei consigli comunali e provinciali, nelle aule del Parlamento, nelle aggregazioni sociali, ora invece nella messaggistica e nei social, che altro non sono che manifestazione di solitudine nel compiacimento di fare affermazioni senza contraddittorio. Da qui la parcellazione della vita sociale, senza quelle forme di aggregazione che sono all’origine della democrazia quale governo della polis.
Spetta allora agli uomini liberi e forti, come si legge nell’introduzione dell’appello di Luigi Sturzo, di ricreare le condizioni per la ripresa di una vita politica volta al benessere del Paese, secondo i principi morali che derivano dalla cultura e dalla tradizione cristiana, che pur sono condivisi da quell’anima laica aperta al dialogo. Ma quali sono gli strumenti?
In questi tempi vengono invocati gli istituti della democrazia diretta, o partecipata come si usa dire. Strumenti che pure la nostra Costituzione prevede, sia pure con paletti assai rigidi, ma che non sembrano avere dato soluzioni adeguate (Brexit?) o indicazioni diverse da quelle che i promotori intendevano venissero impresse.
Vale allora l’invito di Luigi Sturzo a presentarsi nella vita politica attraverso una organizzazione di partito, che pure la nostra Costituzione, all’articolo 49, colloca fra le libertà fondamentali della democrazia. Secondo questa norma tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per «concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale».
Scriveva Aristotele nella sua Costituzione degli Ateniesi che la politica è la scienza che richiede per il suo esercizio preparazione e attitudini in grado di individuare i problemi, scegliere i mezzi e gli strumenti per risolverli in un quadro di risorse disponibili e, soprattutto, capacità di governo. Questo è anche un monito a coloro che ottengono la maggioranza dei consensi e che devono improntare l’azione di governo al soddisfacimento degli interessi della nazione, e non solo degli elettori che li hanno votati.
L’attualità di Luigi Sturzo la ritrova anche nella chiusura del suo appello quando si rivolge a «tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell’amore della patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degli interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo», affinché aderiscano al programma che aveva elaborato, aggiornato al tempo presente, e nel quale, come sopra si è annotato, si riconosce chiunque si ispiri ai valori morali che costituiscono il patrimonio della nostra cultura e tradizione cristiana.