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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Una Milano “in uscita” per recuperare lo statuto di capitale morale

Eccellenze e fragilità di una metropoli globale al centro del Rapporto 2018 presentato presso la Fondazione con gli interventi di Vittorio Biondi, Aurelio Mottola, Gabriele Rabaiotti, Marco Garzonio e Rosangela Lodigiani

2 Luglio 2018

Si intitola “Agenda 2040” il Rapporto sulla Città Milano 2018, edito da Franco Angeli e realizzato dalla Fondazione Ambrosianeum grazie al contributo di Fondazione Cariplo, presentato questa mattina presso la sede dell’Ambrosianeum a Milano. Il Rapporto traccia l’orizzonte temporale di una road map lungo cui procedere per costruire la Milano del futuro. È stato presentato da Marco Garzonio (presidente di Ambrosianeum) e dalla sociologa Rosangela Lodigiani, che l’ha curato. Ne hanno discusso Vittorio Biondi (direttore Settore Politiche Industriali e Competitività del territorio di Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza), Aurelio Mottola (direttore della casa editrice Vita e Pensiero – Università Cattolica) e Gabriele Rabaiotti (assessore ai Lavori pubblici e Casa del Comune di Milano). 

Marco Garzonio, raccontando la genesi del Rapporto 2018 («che unisce l’obiettivo iniziale di indagare le periferie con una ricerca sul futuro della città suggerita dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini, che ci ha chiesto di immaginare la Milano di domani») ha posto sul tavolo una questione culturale scottante: «Quando è iniziato il disegno di questo Rapporto nessuno poteva immaginare quanto sarebbe accaduto il 4 marzo. Milano in questo momento è sotto assedio perché è la prossima meta da conquistare: non deve quindi cedere alle provocazioni, ma piuttosto pensarsi come qualcosa di vivo, perché nonostante i fili spinati incombenti e i porti chiusi, nel futuro – come il Rapporto dice con chiarezza – rischiamo di non avere più milanesi». Un compito civile e culturale, questo, al quale secondo Garzonio «devono contribuire la cultura, le università, le istituzioni; il nostro sguardo è proiettato in avanti – ha concluso il presidente Ambrosianeum -. E il nostro futuro, o sarà culturale o non sarà affatto futuro».

Rosangela Lodigiani ha illustrato i contenuti del Rapporto, che «guarda al futuro e si dà un orizzonte simbolico di riferimento di qui ai prossimi vent’anni, da un lato per provare a dire come sarà la Milano di domani, come prevediamo che diventi e soprattutto come vorremmo che fosse; dall’altro lato per riflettere sulle priorità di azione (ovvero, scelte strategiche per lo sviluppo, scelte politiche, investimenti su cui cominciare a incidere da subito)». La situazione, infatti, al di là delle eccellenze di Milano e dell’inserimento della città nella classifica delle 100 Resilient Cities della Fondazione Rockfeller, ha le sue zone d’ombra: «Le dinamiche demografiche attuali parlano di tassi di natalità molto bassi e di flussi migratori che solo parzialmente compenseranno la tendenza all’invecchiamento della popolazione – ha spiegato la curatrice del Rapporto -. Per dirla in uno scatto fotografico, se i trend in atto si confermano, Milano sarà più multietnica, più anziana, con situazioni di solitudine e fragilità relazionali». Per questo le sfide da giocare sono tante: «Recuperare senza tentennamenti lo statuto di capitale morale, esercitare una funzione di leadership “progettuale” per il Paese, rafforzare lo spirito riformista nel segno della condivisione, giocare fino in fondo il ruolo di metropoli globale, coniugare cultura politecnica e umanistica, creatività e solidarietà… riconoscere che lo sviluppo è tale solo se è sostenibile e integrale, capace di tenere insieme nel tempo la dimensione ambientale ed economica con quella sociale e umana, intendere l’università quale risorsa comunitaria”.

Lodigiani ha quindi toccato alcuni dei temi caldi studiati nel Rapporto: dall’“inverno demografico” al superamento della crisi («la ripresa c’è, ma i giovani continuano a pagarne le conseguenze») al rischio «dell’acuirsi delle disuguaglianze», dall’osservatorio privilegiato delle periferie alle «traiettorie di lavoro che permettano di mettere in fila le azioni per avere la Milano che vogliamo: politecnica e umanistica, glocale e condivisa, universitaria e turistica, attrattiva, competitiva, plurale e insieme inclusiva, solidale, libera, giusta, pacifica, bella, vivibile per tutti». «Se Milano vuole continuare a coltivare le proprie eccellenze, non può perdere di vista il più importante degli obiettivi: – ha concluso la curatrice del Rapporto Ambrosianeum -: seguire un modello di sviluppo che sia anzitutto sociale e umano, che contrasti disuguaglianze e dualismi in un quadro di giustizia sociale. È questo il volto di una città “in uscita”, che non si accontenta del successo nei ranking internazionali, ma si immerge nella vita di tutti coloro che la abitano».

Vittorio Biondi, notando la convergenza dei dati emersi dal Rapporto Ambrosianeum 2018 con quelli dell’Osservatorio su Milano 2018 presentati di recente, ha confermato «la sensazione che Milano stia attraversando una fase di congiuntura positiva dal punto di vista economico come città metropolitana e regione urbana, ma abbia anche elementi di fragilità e delicatezza su cui intervenire subito». Primo nodo, «la riconoscibilità e le risorse della città metropolitana”: «Fa sorridere che Monza e Brianza, in base alla riforma che ha istituito la città metropolitana, non siano comprese nell’area metropolitana milanese – ha detto Biondi -, ma Assolombarda ha da tempo attuato una fusione con Monza e Brianza, e anche con Lodi, come del resto ha fatto Camera di Commercio: aspiriamo a politiche su scala metropolitana che rispecchino i segnali del territorio e l’andamento dell’economia, e gli sforzi che le istituzioni fanno andrebbero sostenuti a livello nazionale». Del Rapporto Ambrosianeum, l’esponente Assolombarda ha colto alcuni aspetti fondanti: «L’approccio alle periferie parlando esplicitamente di quartieri… l’enfasi sulla coesione sociale come elemento fondamentale anche della competitività dei territori… e il meccanismo inceppato che caratterizza le nostre classi dirigenti, per cui l’assenza di ricambio generazionale avrà effetti molto negativi sulla competitività del territorio e sulla stessa qualità della vita».

Aurelio Mottola ha sottolineato come «tutte le stagioni d’oro di Milano siano il frutto del bilanciamento tra innovazione e solidarietà, il che produce una grande sensazione di sviluppo», chiedendosi subito dopo: «A quali condizioni una smart city può sostenersi nel tempo? Il rischio è che una città luccicante, intelligente, performante, alla lunga non tenga neanche economicamente, perché al suo interno ci sono moltitudini di individui irrelati tra loro, di solitudini, di gruppi etnico-culturali chiusi. Il che è reso ancora più marcato dal digitale, che induce solipsismo e individualismo». Come uscirne? La cultura, stando a Mottola, può dire la sua. E «una comunità che ha la capacità di ospitare il disagio, di farlo accedere al livello della parola condivisa, è la cifra di una cultura innovativa».

Infine, Gabriele Rabaiotti: «”La politica diventa forte quando dichiara in modo chiaro, deciso e determinato i suoi obiettivi e le sue intenzioni, sui quali verrà poi misurata – ha detto l’assessore alla Casa e ai Lavori pubblici -. Questo Sindaco e questa Amministrazione l’hanno fatto due anni fa, appena si sono insediati, e continuano a farlo, sapendo che si tratta di una partita complicata. Non possiamo lasciare una città spaccata in due: non è un tema di consensi, ma di responsabilità sociale e politica che altri prima non hanno avuto e che questo Sindaco ha. Ci vuole un grande coraggio politico, e certamente l’aiuto e l’interazione di molti. Perché, quando le cose funzionano, non è merito e responsabilità né di uno, né di pochi, ma, specie in un contesto complesso qual è quello di una grande città, di molti soggetti, sia pubblici, sia privati chiamati a collaborare. Dobbiamo anche chiederci, quando abbiamo un obiettivo, quali siano gli attori interessati a raggiungerlo e capaci di farlo: il tema non è solo avere lo schema di gioco, ma sapere anche chi è pronto a giocare».

«Vorrei ricordare infine – ha chiuso Rabaiotti – che Milano, come ogni città, è fatta di luci e di ombre: oggi vive una stagione positiva, brillante, vivace, ma sappiamo bene che la vita è fatta di oscillazioni, spesso repentine, quindi credo sia anche il momento di costruire difese e argini nuovi, che ci serviranno nei momenti di caduta. Ed è il momento di delineare il modello di domani, quale Milano vogliamo, se più aperta o più chiusa, più esposta o più protetta, se orientata al globale o volta al locale. Non potendo avere tutto, alla politica dobbiamo chiedere a quale modello, a quali idee vogliamo riferirci per il futuro. Che risulti chiaro quali principi e quali valori riteniamo utili e positivi per la crescita di domani e quali traiettorie è invece opportuno abbandonare o ridefinire».

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