Temi “caldissimi” e dibattuti come l’eutanasia, l’assistenza al suicido, l’accompagnamento nella sofferenza e le cure palliative, al centro del convegno online promosso da Fondazione Ambrosianeum e Fondazione Matarelli per il ciclo «Le conquiste della medicina al servizio della persona» (tutti gli incontri si svolgeranno online sul canale YouTube Ambrosianeum).
Incontro aperto dalle brevi introduzioni dei presidenti delle due Fondazioni, Marco Garzonio e Giorgio Lambertenghi Deliliers, curatori dell’intero ciclo. A confrontarsi – con la moderazione di Elena Colombetti, docente di Filosofia morale presso l’Università Cattolica – diverse qualificate voci: Augusto Caraceni (professore di Medicina e cure palliative all’Università degli studi di Milano e direttore della struttura complessa di cure palliative dell’Istituto dei Tumori), il padre gesuita Carlo Casalone (accademico della Pontificia Accademia per la Vita – Sezione scientifica e presidente della Fondazione Carlo Maria Martini) e Roberto Mordacci (preside della Facoltà di Filosofia all’Università Vita-Salute San Raffaele, direttore delI’International Research Centre for European Culture and Politics).
La sindrome del predestinato alla sconfitta
A porgere il saluto iniziale è stato l’Arcivescovo, grato per la scelta di affrontare questioni tanto fondamentali su «temi sensibili che premono e inquietano, chiedendo risposte che la comunicazione pubblica appiattisce».
L’invito è a riflettere da cristiani su temi «di carattere etico molto seri, che hanno una ricaduta giuridica, politica e sociale molto rilevante», vigilando su alcuni rischi, come quella che l’Arcivescovo definisce la «sindrome del predestinato alla sconfitta».
Non privilegi, ma bene comune
È l’atteggiamento di «chi, di fronte a questi temi, si sente destinato a perdere, perché la storia recente ha mostrato che le valutazioni critiche portate, a motivo di principi di bene comune, su leggi che hanno segnato l’Italia, negli anni scorsi, quali il divorzio e l’aborto o il finanziamento della scuola paritaria, hanno visto la sensibilità cristiana sconfitta ed etichettata come confessionale. Come se la Chiesa difendesse suoi privilegi od ostinazioni dogmatiche», mentre, «evidentemente tante persone di buona volontà hanno cercato di contribuire al bene comune».
Così, «avendo perso molte battaglie – ma non tutte -, dobbiamo vigilare per non pensare di essere già predestinati alla sconfitta», anche perché, «dietro questo atteggiamento mi pare che si insinui la tentazione di provare a cercare il compromesso per evitare di essere dichiarati del tutto fuorigioco e poter dire che “c’eravamo anche noi”». Questo, però, non può essere l’atteggiamento dei cristiani «quando entrano nel dibattito politico e su temi sensibili»,
Scelte confuse e condiscendenza
Occorre, inoltre, guardarsi un altro pericolo, «affinché la finezza nel fare distinzioni, assolutamente necessarie in questo ambito, non sia giudicata come una sorta di bizantinismo per nascondere mancanza di lucidità. Bisogna fare distinzioni tra leggi dello Stato, morale cattolica e visione dell’uomo, tra il contrasto al dolore e il modo con cui lo si fa, tra l’accompagnare alla morte o il dare la morte. Più si entra nel merito delle questioni e più queste distinzioni diventano raffinate, ma tale raffinatezza non può essere semplicemente censurata come complicazione, per arrivare, in sostanza, alla confusione delle scelte e alla condiscendenza».
E qui l’affondo è chiarissimo: «Talvolta le leggi italiane portano la traccia di questa lunga elaborazione di compromessi: si affermano principi importanti, ma poi, in realtà, si introduce una prassi che dilata in modo scriteriato l’applicazione di alcune procedure».
Da qui l’auspicio, appunto, a vigilare sui due rischi «avendo, invece, la libertà e la gioia di proporre con chiarezza delle intenzioni, purezza di cuore e lucidità di ragionamento, dei valori vòlti al bene comune».