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Sirio 01 - 10 novembre 2024
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Immagini

Senza dimora a Milano, una mostra sugli “invisibili”

Accompagnato da 15 di loro in giro per la città, il fotografo Luca Meola ha immortalato la quotidianità di chi vive nell’emarginazione. Gli scatti esposti dal 28 settembre alla Fabbrica del Vapore

di Giacomo COZZAGLIO

27 Settembre 2024
Via Mambretti, settembre 2023 (Luca Meola)

Visitare Milano andando oltre i lunghi viali o i palazzi avveniristici. Mostrare la città come la vive tutti i giorni chi non ha un tetto sopra di sé. È un racconto di riflessione quello proposto da «Milano senza dimora» (vedi qui la locandina), la mostra fotografica visitabile dal 28 settembre alla Fabbrica del Vapore (via Procaccini 4). Promossa da Codici, dalla Direzione Welfare e Salute del Comune di Milano e la Rete grave marginalità adulta del terzo settore e volontariato cittadino, l’esposizione accompagna il visitatore attraverso 160 fotografie facendo conoscere come il capoluogo lombardo sia visto da circa 2300 persone senza dimora. Affiancano la mostra una serie di eventi (vedi qui il calendario). 

Stimolare l’attenzione

«L’idea nasce dal nostro bisogno di arricchire il racconto sulla città su un certo tipo di popolazione che la abita e che è sempre a rischio invisibilità – spiega il coordinatore del progetto e ricercatore di Codici, Andrea Rampini -. Troppo spesso il discorso sulla cosiddetta homelessness rischia di essere fortemente semplificato, strumentalizzato o maneggiato solo dagli addetti ai lavori. C’era quindi il bisogno di costruire un racconto che si inserisse in mezzo a queste due prospettive parlando della città alla città, stimolando l’attenzione dei cittadini alle parti di Milano più in ombra».

Vicinanza e condivisione

Per comprendere appieno questa nuova realtà cittadina, il fotografo Luca Meola ha attraversato la città accompagnato da 15 persone senza dimora. «Volevo documentare la loro quotidianità, spesso fatta di attività e spostamenti ripetitivi, con uno sguardo di profonda vicinanza e condivisione – racconta -. In un secondo momento, sono tornato da solo nei luoghi visitati per catturare l’ambiente urbano con un approccio più distaccato e analitico, mettendo in luce le contraddizioni della città».

Rampini definisce gli accompagnatori di Meola «un gruppo molto eterogeneo» grazie al quale è stato possibile capire il significato di molti luoghi di Milano, riportati su alcune cartografie esposte nella mostra. «Nel tracciare i percorsi di queste persone, abbiamo scoperto posti che hanno a che fare con le loro routine per il soddisfacimento di bisogni primari: sostare, dormire, mangiare, lavarsi, ripararsi dalla pioggia e dal freddo. Diversi itinerari coincidono con alcune delle linee più importanti dei mezzi pubblici, come la 90-91 sulla circonvallazione esterna; altri si concentrano in luoghi precisi come piazza San Babila e San Carlo».

Esercitare la curiosità

Le guide non compaiono quasi mai nelle immagini, ma la loro presenza dietro la macchina fotografica è percepibile. Di conseguenza il visitatore è invitato a soffermarsi su angoli di Milano che probabilmente ha sempre visto con sguardo distratto, ma che in verità narrano le storie di coloro che vivono le giornate e le notti per la strada. «La prima cosa importante è ricordare all’osservatore che le biografie delle persone senza dimora ci riguardano direttamente perché raccontano il funzionamento delle nostre società, delle nostre comunità e dei nostri legami. Il visitatore viene quindi invitato a esercitare uno sguardo più attento, consapevole e a volte anche più curioso», sottolinea Rampini.

La città (anche) solidale

Le foto però non raccontano solo di esclusione e discriminazione, ma anche di solidarietà e generosità da parte di molti. «Milano è una città solidale che mette in campo risorse, energie e umanità. Molte realtà, religiose e non, fanno quotidianamente uno sforzo incredibile – racconta Rampini – Noi ricercatori ci confrontiamo ogni giorno con centinaia di volontari, educatori, sacerdoti e persone che sono diventate esperte di logistica per poter tenere in vita una macchina della solidarietà complessa e in grado di rispondere ai bisogni di migliaia di persone. Nelle foto si intravede in qualche modo il backstage proprio di questa macchina».

Alla fine il visitatore viene portato a riflettere sugli sguardi e gli atteggiamenti che ha tenuto nei confronti di quanti vivono per strada: «Le vite delle persone e i racconti che abbiamo raccolto narrano di legami di vitale importanza con gli addetti al sistema di solidarietà, ma anche con tanti cittadini che in maniera più o meno consapevole rivolgono gesti quotidiani di sostegno, come pure segni di discriminazione – sintetizza Rampini – Questa mostra ci invita a pensare a quali possono essere i punti di incontro tra diversi mondi e le possibilità di cambiamento nella vita delle persone».