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Società

Sempre più difficile fare i mediatori culturali

Il centro Come, attivo da anni nell’integrazione, lancia l’allarme: con la diminuzione delle risorsedisponibili i progetti patiscono un’estrema incertezza

di Stefania CULURGIONI

28 Febbraio 2011

Questo articolo è un’anticipazione dei servizi contenuti sul prossimo numero di Scarp de’ tenis, il mensile di strada della Caritas Ambrosiana. Sul numero di marzo, in uscita nei prossimi giorni, pubblicati altri articoli di grande interesse.

Arrivare in Italia a 17 anni ed essere catapultato sui banchi di una scuola superiore. Non conoscere l’italiano, non sapere nulla della letteratura del nuovo Paese, o dell’arte o in generale delle materie di studio. Doversi integrare con i compagni di classe. No, non è facile, e questa è la condizione in cui si trovano sempre di più tantissimi ragazzini stranieri che arrivano in Italia grazie al ricongiungimento familiare. Da soli non ce la possono fare e hanno bisogno di un aiuto esterno, di quella figura che tecnicamente si chiama “mediatore culturale”. Un insegnante esterno, pagato con fondi pubblici, che parallelamente fa lezioni di italiano a questi adolescenti e allo stesso tempo segue i genitori e prepara gli insegnanti alla multiculturalità.
Negli ultimi anni, con la diminuzione delle risorse pubbliche disponibili, anche i progetti di mediazione culturale nelle scuole hanno “subito” qualche scossone. Non si può dire che gli enti pubblici abbiano mollato il colpo su questo fronte. Seguire gli studenti stranieri e accompagnarli è troppo importante, perché anche loro saranno i cittadini del futuro delle nostre città. Ma, mentre fino a qualche anno fa il budget destinato a questo progetto era sicuro, oggi ciascun capitolo viene esaminato nel dettaglio, frazionato fino all’osso, tenuto in piedi solo se per ciascuna azione si trovano finanziamenti. Insomma, bando per bando, riga per riga, con un senso di incertezza che aleggia nell’aria. Finora, per dire, non è mai saltato nulla, ma a ogni giro c’è da vedere se si trovano i soldi. Come spiega Monica Napoli, che lavora al Centro Come di via Galvani a Milano, uno dei principali partner della Provincia di Milano che gestisce la mediazione culturale nelle scuole.

Ragazzi due volte vulnerabili

«L’obiettivo della nostra associazione è aiutare i ragazzi stranieri che vivono una doppia vulnerabilità – spiega -: quella dell’emigrazione, perché si inseriscono alle superiori con poca conoscenza dell’italiano e quella emotiva, perché si vedono costretti a ricostruire completamente i loro legami familiari e amicali».
Il centro Come è un servizio della Cooperativa Farsi Prossimo, nato nel 1994 in collaborazione con la Provincia di Milano e la Caritas Ambrosiana e che da allora si occupa di seguire le famiglie immigrate. Riceve al suo sportello mamme e papà stranieri che chiedono come e dove iscrivere i loro bambini a scuola, e che hanno bisogno di un aiuto per orientarsi: «A quali superiori mando il mio ragazzo? Cosa farà da grande?».
«Organizziamo corsi di lingua italiana nelle scuole, mandando nostri insegnanti e nostri mediatori culturali – continua Monica Napoli -, ma lavoriamo moltissimo anche con i professori. In tanti ci chiedono di essere preparati a gestire un alunno straniero. A volte hanno pretese molto alte, per esempio sperano che questi ragazzi, tramite noi, imparino velocemente la lingua. Noi spieghiamo invece che ci vuole tempo, che servono tappe e che solo così si realizza una vera e propria integrazione. Quest’anno, comunque, stiamo seguendo 46 scuole tra la città di Milano e la Provincia».

Centro Come: migliaia di utenti l’anno

Gli utenti che arrivano al Come sono un migliaio ogni anno: telefonano, vengono direttamente allo sportello oppure mandano una mail per ricevere una consulenza online al sito di Come, dove si trovano anche molti moduli e materiali utili. Via internet infatti sono passati almeno 280 mila utenti dal 2002. Gli interventi di mediazione culturale da ottobre dell’anno scorso a oggi sono stati 250, almeno cento le persone che partecipano a ogni corso di formazione.
Un lavoro intenso e quotidiano, messo un po’ alla prova, soprattutto negli ultimi anni, dalla diminuzione delle disponibilità economiche della Provincia di Milano. «Fino a qualche anno fa – prosegue Napoli -, il centro Come era finanziato da un’unica tranche di fondi che copriva tutte le attività. In pratica, noi avevamo più o meno 150 mila euro, che erano fondi messi a disposizione dalla Provincia per la mediazione culturale a 360 gradi. Oggi non è più così. Dobbiamo lavorare per progetti, e per ciascun progetto verificare se esiste la copertura economica. E magari, cercare finanziamenti attraverso le fondazioni private, che è quello che abbiamo fatto per l’anno 2010/2011. Abbiamo sì ottenuto gli stessi soldi, ma grazie al fatto che la Provincia ha trovato i fondi dal ministero dell’Interno che ha deciso di finanziarci. Se insomma dal Ministero non fossero arrivati, non se ne sarebbe fatto niente».
Per l’anno scolastico 2010/2011 l’assessorato all’Istruzione ed edilizia scolastica ha promosso e sostenuto “Non uno di meno”, un programma a cui partecipano 46 scuole (28 a Milano e 18 nei Comuni), per un totale di 1.050 studenti e oltre 70 professori, e che serve all’integrazione degli studenti stranieri nelle scuole superiori. Il valore del progetto è di 340 mila euro, in parte per il centro Come di Milano che ha condotto parte delle attività, in parte direttamente alle scuole. «I soldi però sono arrivati non più direttamente dalle casse della Provincia – conclude Monica Napoli – ma grazie ai fondi Fei (Fondi europei per gli investimenti) e al contributo del ministero degli Interni a cui è stato chiesto di sostenere il bando. Andare avanti così non sarà facile, e già per l’anno prossimo siamo ad altissimo rischio. Prima c’era una convenzione inter-istituzionale per cui la Provincia ci forniva una quota fissa per il nostro servizio oggi è diverso. La riduzione delle risorse pubbliche ha toccato tutti i settori, dagli enti pubblici ai servizi di privato sociale come il nostro. Per questo dobbiamo ragionare bando per bando, il lavoro sembra più quello di un’impresa che quello di un’istituzione, e stiamo molto più attenti al contenimento dei costi, all’ottimizzazione delle risorse e delle persone che lavorano. E soprattutto, volta per volta bisogna andare a caccia di soldi».
Dall’assessorato all’Istruzione della Provincia di Milano comunque fanno sapere che quest’anno la mediazione culturale è anche stata potenziata: è partito infatti un altro progetto che si chiama “Idee” al quale partecipano Roma e L’Aquila, pari a 226 mila euro per inserire i minori stranieri.

Sui banchi il 25% di stranieri

Secondo le elaborazioni del Dossier Caritas/Migrantes sui dati del Ministero della Pubblica istruzione, nell’ultimo anno scolastico considerato, il 2008-09, si conferma l’incremento degli alunni di origine straniera nelle scuole statali e non statali di ogni ordine e grado in Italia. Una forte concentrazione si registra soprattutto in Lombardia, prima regione per presenze (151.898 pari al 24,2% dell’intera popolazione straniera nelle scuole a livello nazionale), terza relativamente all’incidenza sulla popolazione scolastica complessiva (11,3%). La maggiore concentrazione si trova nel capoluogo (38,2%), seguito dalle tre province di Brescia (17,2%), Bergamo (11,9%) e Varese (6,9%). Inoltre la provincia di Milano, con i suoi 57.999 alunni stranieri, è la prima per numerosità non solo in Lombardia, ma anche a livello nazionale. Provengono da Europa (34,6%), in particolare Centro-orientale (20,8%), Africa (28,6%), Asia (20,5%) e America (16,2%). La maggiore presenza si registra nella scuola primaria (38,4% pari a 58.267 alunni); seguono la scuola secondaria di I grado (21,7%, 32.933), la scuola dell’infanzia (21,3%, 32.406) e la secondaria di II grado (18,6%, 28.292).