Facilitazione dei percorsi per imparare la lingua italiana, incentivi e strumenti di mobilità leggera e condivisa per raggiungere il posto di lavoro, la possibilità di lasciare momentaneamente il centro di accoglienza per motivi di formazione o lavoro occasionale in un’altra regione, voucher di babysitting o attivazione di legami di buon vicinato per supportare i genitori soli, affiancamento nella ricerca di una casa in affitto, come la possibilità per le aziende di farsi garanti per il proprio lavoratore.
Sono alcune delle tante azioni individuate dal mondo non-profit, dalle imprese profit e dalle pubbliche amministrazioni che hanno lavorato fianco a fianco nel progetto «Fra Noi», finalizzato all’inclusione economica e sociale dei rifugiati politici e titolari di protezione internazionale. Un progetto realizzato da Consorzio Communitas alla guida di 25 enti e cooperative sociali in tutta Italia, finanziato da UE e Ministero dell’Interno con il Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (Fami).
È una sorta di manifesto quello che emerge dal convegno svoltosi oggi, organizzato dal Consorzio Farsi Prossimo e Consorzio Communitas nella sede dello studio legale Studio Baker McKenzie (uno dei partner del progetto), in piazza Meda 3 a Milano, in cui mondo profit e terzo settore affidano le proprie proposte al Ministero dell’Interno per favorire percorsi di incontro più efficaci tra candidati rifugiati e le aziende italiane.
Il bilancio
Il progetto «Fra Noi» ha permesso in due anni di attivare percorsi professionali per 180 rifugiati e titolari di protezione internazionale proprio grazie alla collaborazione proficua tra i soggetti del terzo settore e le aziende profit, che ha prodotto risultati importanti: percorsi di formazione, tirocini lavorativi e contratti di assunzione in diverse imprese del territorio italiano. Proprio forti di questa esperienza maturata insieme, mettendo insieme esigenze delle persone titolari di protezione internazionale e aziende profit, a conclusione di questo percorso vengono presentate le proposte congiunte.
Facilitare l’apprendimento della lingua italiana
È oggi uno degli ostacoli maggiori all’ingresso nel mondo del lavoro di persone titolari di protezione internazionale: all’uscita dal percorso di accoglienza solo una persona su 3 è riuscita a frequentare i corsi di italiano obbligatori. Proponiamo, tra le altre azioni, di inserire corsi di lingua, anche specializzata, nei percorsi formativi delle aziende, di riconoscere in busta paga il tempo dedicato alla formazione linguistica, il riconoscimento al livello legislativo di sgravi fiscali alle aziende che erogano i corsi di microlingua, di rafforzare la collaborazione tra aziende e l’Università per gli Stranieri di Siena, già coinvolta nel progetto.
Favorire la mobilità locale e interregionale
La difficoltà di raggiungere un possibile posto di lavoro è un fattore importante. In alcuni casi è sufficiente sostenere i candidati attraverso mezzi di mobilità leggera (monopattini o bici elettriche), in altri si possono attivare sistemi di car sharing, anche attraverso la partecipazione a bandi dedicati alla mobilità sostenibile, o riconoscendo premi ai dipendenti che offrono o passaggi ai colleghi. O ancora, nel caso di offerte lavorative in un altro territorio, attivare una rete di housing sociale che faciliti la mobilità interregionale.
Si sarebbe rivelato utile, in alcuni casi, permettere alle persone accolte in un centro di accoglienza di poter spostarsi in un’altra regione per frequentare un corso o usufruire di un’opportunità lavorativa stagionale: questo al momento non è possibile per le regole del sistema di accoglienza, chiediamo quindi che siano previste eccezioni per motivi lavorativi e formativi.
Supportare il percorso lavorativo dei genitori soli
Le donne con bambini accolte nei progetti, soprattutto se sole, sono a maggior rischio esclusione lavorativa. Proponiamo l’introduzione di voucher per l’accesso a servizi di baby sitting e promuoviamo l’attivazione di reti amicali di scambio e la campagna “adotta un nonno”, attraverso con associazioni come Università della Terza Età o volontari di centri di ascolto, per facilitare la costruzione di legami che siano positivi per tutte le persone coinvolte.
Sostenere nella ricerca di una casa
In un mercato della casa che in Italia ha sicuramente molte complicanze, per chi ha origine straniera si aggiunge un’ulteriore difficoltà a trovare una casa in affitto, in molti casi per difficoltà economica, ma talvolta persino per chi può permettersela. Eppure la casa è un fattore determinante per un percorso di inclusione sociale. Proponiamo che le aziende si facciano garanti con il proprietario di una casa locata a un proprio dipendente, in cambio di un riconoscimento tramite sgravi fiscali o premi welfare. Si propongono accordi tra associazioni di categoria, agenzie immobiliari e terzo settore che fungano da garanzia.
A margine del convegno, in cui sono state presentate diverse esperienze positive di inserimento in azienda realizzate grazie al progetto «Fra Noi», sono stati presentati anche alcuni video realizzati per la piattaforma TikTok con una serie di “consigli smart per entrare nel mondo del lavoro in Italia” ed è stato mostrato un video realizzato da Il Terzo Segreto di Satira, che sarà poi divulgato attraverso i canali social a partire da domani.