Verso la Milano del 2026. I prossimi cinque anni saranno decisivi per il futuro della metropoli. La nuova amministrazione comunale avrà molto da lavorare per riprendere il filo rosso dello sviluppo spezzato dalla pandemia. È quello che chiedono anche i milanesi. Il risultato elettorale di domenica 3 e lunedì 4 ottobre indica quale modello di metropoli preferiscono: pur in tempi così difficili Milano deve continuare a essere fedele a se stessa, alla sua storia di città aperta e inclusiva, solidale e innovativa.
Il largo consenso ottenuto da Beppe Sala, primo sindaco del centrosinistra eletto al primo turno, lo carica di una responsabilità ancora più grande: oltre 50 mila voti in più rispetto al primo turno del 2016 e quasi 15 mila in più rispetto al ballottaggio.
Chi ha apprezzato il primo mandato del sindaco e gli ha confermato la fiducia per i prossimi cinque anni non ha disertato le urne. Ma non può essere ignorato il dato complessivo di un’astensione mai così alta. Rispetto alla già bassa affluenza del 2016 (54,67 per cento) si è arrivati al 47,69 di questa tornata. Un segnale di profondo malessere dei cittadini – complice anche in parte la paura della pandemia – che non hanno condiviso e apprezzato le candidature alternative a Sala.
Ma il tema della partecipazione popolare deve essere assunto seriamente da tutti, a maggior ragione da chi è chiamato a governare la città. Un segnale colto anche dal sindaco, che ha promesso modalità di coinvolgimento maggiore della popolazione.
Milano, dunque, dovrà essere all’altezza anche per continuare ad essere il “motore” del Paese. In una stagione segnata ancora dalla pandemia, gli investimenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza dovranno essere utilizzati al meglio per la transizione ecologica e digitale, per la sostenibilità della città e la valorizzazione dei quartieri, per l’attenzione alle fasce più deboli e che maggiormente stanno pagando il prezzo della crisi aggravata dal virus.
È necessaria anche una maggiore collaborazione e intesa istituzionale tra i diversi enti locali a partire da Comune e Regione, al di là del colore politico, per il bene comune. Il sindaco Sala ha già lanciato segnali in questo senso, in particolare sulle case popolari e sulla sanità territoriale.
È necessaria inoltre un’amministrazione comunale che sia ancora di più aperta al dialogo e alla collaborazione con la società milanese, in particolare con il volontariato e il Terzo settore, le realtà culturali, le forze economiche e sindacali. Anche il mondo cattolico ambrosiano ha già offerto una serie di riflessioni e proposte attraverso il recente documento sottoscritto dal Coordinamento associazioni, gruppi e movimenti su lavoro, solidarietà e sviluppo sostenibile; Welfare di comunità, salute e accoglienza; educazione, cultura e famiglia; politica e partecipazione.
Come ha sottolineato Luciano Gualzetti, direttore della Caritas ambrosiana, «la Milano delle eccellenze deve ripartire dagli ultimi, se non vuole escludere nessuno dallo sviluppo e dalla crescita che tenacemente persegue. È questa la sfida che attende la prossima amministrazione: produrre un benessere e una ricchezza meno fragili, ridistribuire in maniera intelligente ed equa le risorse che la città crea e che è capace di attrarre per il suo indubbio prestigio».