Dall’intervista rilasciata a Fabio Pizzul per Radio Marconi
Opera Cardinal Ferrari ha un nuovo presidente. Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, succede al professor Pasquale Seddio che, in carica dal 2010, era in proroga dallo scorso 31 dicembre, data in cui sarebbe dovuto cessare il mandato.
La storia del professor Seddio dentro l’Opera Cardinal Ferrari inizia oltre trent’anni fa: dal 1993 al 1999, quando era studente, ha vissuto al suo interno, andandosene il giorno del matrimonio per raggiungere la moglie in chiesa: «Furono gli anni del mio consolidamento professionale. Aver ricoperto la presidenza è stato anche un modo per restituire il sostegno che l’Opera mi ha dato in un momento molto delicato della mia vita».
Opera Cardinal Ferrari è un’istituzione caritativa che, dal 1921, si prende cura delle persone per 365 giorni l’anno. Nel 2023 ha distribuito oltre 56 mila pasti e ha registrato più di 57 mila ingressi nel suo centro diurno, che offre assistenza alle persone più fragili. Come una sorta di faro acceso sulla città, afferma Seddio: «Storicamente i milanesi in difficoltà ci hanno sempre visto come un porto sicuro, che accoglie e soddisfa i bisogni primari. Ma è soprattutto uno spazio di relazione in cui chi dà e chi riceve hanno pari dignità».
Per descrivere il centro il professor Seddio prende in prestito l’espressione del cardinal Ferrari, che lo definiva un luogo dove «convivono i carissimi»: persone senza dimora, studenti che provano a costruirsi una vita migliore e giovani lavoratori che, giunti a Milano in cerca di fortuna, hanno bisogno di un impiego e di un alloggio a prezzi contenuti. Senza dimenticare gli ospedalizzati, pre e post ricovero. Fragilità diverse che trovano risposte in un unico luogo.
La presidenza di Seddio ha coinciso con un grande periodo di rinnovamento per Opera: «Quando nel 2009 entrai in consiglio di amministrazione, eravamo in una condizione di grande difficoltà. Non perché mancasse la necessità e il bisogno di chi si rivolgeva all’Opera, ma sia la struttura residenziale, sia il centro diurno erano fuori norma. Come avviene spesso in questi enti, che hanno una cultura della gestione schiacciata sul quotidiano, era necessaria una profonda revisione». Tradotta in sette anni di ristrutturazione e quasi 13 milioni di euro per sanare le strutture. Senza mai interrompere i servizi. «Ricordo come abbiamo trasformato il salone centrale in una mensa provvisoria con un sistema di catering esterno, pur di non fermare il servizio. Abbiamo attraversato guerre, crisi e pandemie, ma non abbiamo chiuso un solo giorno. Abbiamo sempre avvertito questa forte responsabilità nei confronti di chi soffriva, per consentirgli una vita degna di essere vissuta».
Seddio segnala in effetti come, negli ultimi anni, sia stata necessaria una maggiore attenzione nei confronti delle persone a ridosso della marginalità, ma che non arrivano ai luoghi di povertà: «È sempre difficile prendere atto di questa condizione, perché spesso si innesca un meccanismo di vergogna e umiliazione. Le persone si sentono sconfitte dalla vita e nella vita, per cui il tentativo è di frenare lo scivolamento della classe media in condizioni di nuova difficoltà, che il piano inclinato della pandemia ha reso ancora più drammatico. Intervenire su quella fascia evita, rallenta o accompagna a una fuoriuscita, individuando nuovi percorsi di autonomia senza gravare sulle marginalità più estreme. Se non prestiamo attenzione, anche le reti di sostegno più forti rischiano di strapparsi».