Un anno fa era stata annullato all’ultimo momento. Ora rientra dalla finestra, con il suo seguito di polemiche. Parliamo dell’evento internazionale “Wish for a baby”, previsto sabato 20 e domenica 21 maggio nello spazio espositivo di East End Studios in via Mecenate a Milano. Giorni fa in Comune è passato un ordine del giorno – proposto dalla vicepresidente del Consiglio comunale, Roberta Osculati (Pd) e firmato anche da Deborah Giovanati (Lega) – in cui si chiedeva di svolgere «un’indagine per accertamento preventivo di reato sull’evento». Ne abbiamo parlato con la promotrice Osculati.
Quale l’intento dell’ordine del giorno presentato?
Premetto che l’ordine del giorno consiste nella espressione di un voto politico su obiettivi, indirizzi o criteri di comportamento rivolti al sindaco o alla Giunta. Ha dunque un valore politico. In questo caso abbiamo chiesto che si accertino alcuni aspetti che io definisco opachi in merito all’evento “Wish for a baby”.
Quali sono gli aspetti problematici di “Wish for a baby”?
Anzitutto preoccupa che l’agenzia inglese Five Senses Media, che sta curando l’edizione milanese, sia sorta dalla liquidazione volontaria della F2F, che aveva in carico l’evento programmato e poi saltato del 2022. Inoltre abbiamo il timore che dietro allo scopo dichiarato della due giorni – cioè «incontrare gratuitamente i migliori esperti di fertilità di tutto il mondo» per offrire servizi e informazioni sulle varie tecniche di procreazione assistita – ci sia in realtà la promozione del cosiddetto “utero in affitto”, in violazione dell’art. 12 della legge 40/2004, che vieta e sanziona qualsiasi forma anche solo di pubblicizzazione della maternità surrogata. A nutrire il sospetto c’è il precedente della manifestazione simile organizzata a marzo a Berlino dalla stessa Five Senses Media, che ha dato ampio spazio alla maternità surrogata, spiegando come muovere i primi passi, dove è legale, in quali Paesi costa meno, come finanziarla. Non rassicura il fatto che tra gli sponsor della rassegna in programma a Milano compaia la “community” Babble, che offre consulenze dettagliate per intraprendere il percorso di surrogazione di maternità e che nella lista delle cliniche collegate alla manifestazione ci sia il Gruppo Garavelas, che tra i servizi garantiti offre anche la maternità surrogata. Infine, il tutto è reso ancor più opaco da alcune “norme comportamentali” imposte a chi entrerà negli Studios, come la distribuzione di un badge strettamente personale, il divieto di filmare e distribuire volantini, la minaccia di espulsione, la perquisizione delle borse e l’uso di scanner. Precauzioni che paiono fuori luogo per un evento rivolto a persone che cercano “semplicemente” informazioni su una gravidanza.
È indicativo che le perplessità siano state condivise da diverse forze politiche presenti in Consiglio. Quella contro l’utero in affitto può diventare una battaglia comune tra schieramenti opposti?
Ci tengo a dire che i dubbi sono stati sollevati da me, ma hanno subito raccolto il favore, oltre che di una parte del mio partito, anche della destra, tanto che la collega Deborah Giovanati ha firmato insieme a me l’ordine del giorno. È evidente che si tratti di un tema delicato, che ha suscitato discussione anche all’interno del mio partito. Ma vorrei sottolineare che quella nei confronti dell’utero in affitto non deve essere una battaglia partitica, ma politica. La politica ha il dovere di smascherare la strumentalità che c’è dietro alcuni dibattiti, di dare prova di maturità e di umanità, di suggerire, anche, il senso del limite e il rispetto della dignità della donna e del bambino. La maternità surrogata non ha questi presupposti.
Pensa che questa sia, o possa diventare, una battaglia delle donne?
Non è ancora una battaglia di tutte le donne. Purtroppo il tema della gestazione per altri è ancora legato quasi esclusivamente al tema della genitorialità delle coppie omossessuali, soprattutto maschili. Rientra tra le battaglie della comunità Lgbtq+, ma a mio parere in modo indifferenziato e acritico. Infatti ci sono esponenti della comunità gay e di Arcilesbica che sono fortemente esposti e combattivi contro la pratica della surrogazione. La questione dovrebbe invece essere quello della mercificazione del corpo femminile. Non a caso gli organizzatori di “Wish for a baby” quest’anno l’hanno definito un “evento” e non, come l’anno scorso, una “fiera”, termine che richiamava proprio la vendita di merci. Insomma, è un tema divisivo che, come ha detto giustamente il sindaco Sala su «Avvenire» il 17 maggio, necessita di una riflessione politica e di una legislazione chiara. Compiti che non possono essere demandati ai Comuni.
Alcune realtà associative hanno presentato un esposto contro la manifestazione. Cosa ne pensa?
Più voci si levano per segnalare le opacità dell’evento e i rischi connessi, meglio è. So che, oltre a noi consiglieri comunali, si stanno muovendo alcune reti di femministe, Arcilesbica, le associazioni legate alla promozione dei percorsi dell’adozione. È importante parlarne in modo plurale, da parte di schieramenti, associazioni ed enti diversi.