Sono stati circa mille i visitatori di “Fa’ la cosa giusta” che hanno partecipato all’esperienza di eye contac “My Mirror” proposta da Caritas Ambrosiana nei giorni della fiera degli stili di vita sostenibili (23-25 marzo). Due sconosciuti entravano in una cabina, si sedevano uno di fronte all’altro e si guardavano negli occhi per quattro minuti. All’uscita si raccontavano quello che avevano provato in quel breve e, al tempo stesso interminabile, periodo di tempo.
«Le reazioni sono state diverse, ma nessuno è rimasto indifferente all’altro – dicono i volontari che assistono le persone durante lo svolgimento del test -. La stragrande maggioranza, dopo il contatto visivo, si è stretto la mano a chi ha incontrato nella cabina, gli ha sorriso, si è presentato, ha raccontato chi è. E la cosa più interessante è che questo è avvenuto indipendentemente dal colore della pelle, dall’età, dal sesso».
L’installazione era costituita da due cabine. Le persone vi accedevano da ingressi opposti, in modo da non vedersi prima di essere entrate. All’esterno, delimitavano lo spazio dell’esperimento vecchi televisori e monitor su cui giravano in loop inquadrature di solo occhi.
L’idea di fondo è che nell’epoca dei selfie, dove ci si specchia solo negli schermi dei propri smartphone, specchiarsi negli occhi di un altro può essere un atto rivoluzionario. Fragilità, povertà, migrazioni, malattia quando si incarnano in un volto smettono di essere un semplice fenomeno sociale, il titolo di un articolo, spesso di cronaca nera, ma diventano la vita del compagno di scuola e della sua famiglia, del vicino di casa, del parente prossimo.
«In un mondo in cui risorgono i muri, le parole d’odio diventano pallottole, la malapianta del razzismo riaffiora, è necessario ripartire proprio dalle regole di base, dall’abc delle relazioni – ha spiegato Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana -. Guardare negli occhi l’altro, incontrare il suo sguardo è allora la premessa indispensabile a ogni possibile discorso, riflessione o progetto».
My Mirror fa parte della campagna di Caritas Internationalis “Share the journey” volta a promuovere la “cultura dell’incontro”. La campagna, lanciata da papa Francesco il 27 settembre 2017 con il simbolico reach out, sollecita le Caritas diocesane presenti in 206 paesi del mondo a ripensare le migrazioni a partire dall’esperienza reale, concreta che ognuno, come individuo o comunità, fa del fenomeno.