«Sì, Milano è ancora la capitale del volontariato. Risulta sicuramente la città dove c’è un maggior concentrato di persone che dedicano tempo agli altri sia in associazioni iscritte all’Albo sia in altre non formalmente iscritte. Nella nostra ultima rilevazione relativa ai dati del 2007 a Milano e provincia sono quasi 2 mila organizzazioni, con oltre 75 mila volontari». Lino Lacagnina è il presidente del Ciessevi, il Centro servizi per il volontariato di Milano e provincia. E chiede alle istituzioni una maggiore considerazione nelle scelte strategiche.
Il volontariato può essere anche una forma di antidoto sociale alle chiusure e a forme di razzismo?
Direi proprio di sì: c’è infatti un leggero aumento delle associazioni che si impegnano proprio nel campo dell’immigrazione. In ogni caso circa il 70 per cento è costituito da associazioni con servizi alle persone: dai disabili, agli anziani, alle dipendenze di vario genere. È poi molto variegato per cui c’è anche chi si impegna per l’ambiente o per la cultura.
Come sta cambiando il profilo del volontario milanese? C’è una forte presenza per esempio di pensionati attivi?
Sicuramente c’è questo fenomeno di persone che ancora in buona salute vanno in pensione e si impegnano, anche se i dati del 2007 registrano un lieve calo degli ultra 54enni. Invece va sottolineato il dato interessante di un aumento abbastanza consistente – intorno alle 3 mila persone – nella fascia della maturità, dai 29 ai 54 anni, proprio in piena attività lavorativa. Tra i giovani abbiamo un leggero calo, ma anche perché diminuisce complessivamente questa fascia di età. L’impegno di tutte le associazioni di volontariato è quello di riuscire a coinvolgere maggiormente i giovani: una delle difficoltà maggiori che incontrano è proprio quella del reperimento di nuovi volontari, perché i bisogni sono tanti. Subito dopo segue quello dei finanziamenti.
La crisi quanto incide sul volontariato?
Intanto incide per i Ciessevi, che svolgono un’azione di supporto al volontariato. In concreto vuol dire che quest’anno possiamo fare molti meno corsi di formazione. I minori finanziamenti incidono anche sulle consulenze alle associazioni per affrontare le varie necessità. C’è bisogno di più tempo, perché abbiamo dovuto tagliare un po’ di personale. Comunque la crisi incide: abbiamo colto che qualcuno fa magari meno volontariato, perché deve arrotondare. Non è vero che una persona in cassintegrazione ha più tempo da dedicare, perché ha ben altri problemi per sbarcare il lunario.
Com’è il rapporto con le istituzioni pubbliche? Il volontariato è tenuto in debito conto?
In debito conto sicuramente, soprattutto un po’ strumentalmente, perché in un momento dove i primi a non avere risorse sono gli enti locali è chiaro che fa comodo l’associazione che risolve un problema riducendo i costi, al posto di una cooperativa che si utilizzava prima. Per cui bisogna stare attenti a come si opera su questo campo. Tutti ne parlano bene – il volontariato fa un lavoro straordinario – è difficile non riconoscerlo…
Ma il rischio è la supplenza rispetto al pubblico…
Certo, a volte si fa questa supplenza. Però nei fatti – per esempio nei Piani di zona – il coinvolgimento non è paritario, non vengono poste attenzioni che consentono al volontariato di essere più protagonista. Se convoco una riunione alle 10 del mattino vuol dire che non mi interessa che il volontariato sia presente, perché a parte qualche pensionato la stragrande maggioranza dei volontari a quell’ora lavora. Si mette nelle condizioni di non venire. E così per tante altre questioni. In questo momento è veramente difficile dialogare con il livello politico, delle istituzioni, anche se tutti ne parlano bene però devi essere sempre subordinato, un ruolo paritario non viene riconosciuto. Credo che questo lo avvertano tutti.
Valorizzazione vuol dire anche incidere nelle scelte…
Sì, tendenzialmente la politica vuole sempre consensi. Ma appena si espone una serie di problematiche o vanti un protagonismo maggiore… Poi abbiamo una composizione molto variegata e a volte si rischia di avere una discriminazione “politica”, a secondo delle realtà di provenienza.
Il cardinale Tettamanzi sollecita la città e la Diocesi a un impegno sulla sobrietà e la solidarietà. Come il mondo del volontariato valuta questa sollecitazione?
Ci siamo sentiti sostenuti, incoraggiati e spronati da tutte le azioni che il Cardinale ha messo in essere. Lo abbiamo sentito veramente molto vicino in un momento in cui ci sono parecchie difficoltà. Chiaramente il mondo del volontariato è un terreno fertile per le parole dell’Arcivescovo, perché dedica energie, tempo e impegno per gli altri. Ma anche questa attenzione per la sobrietà o l’ambiente sono tutte tematiche che nella nostra realtà sono quotidiane.
Qual è il senso della due giorni che promuovete insieme all’Aim la prossima settimana?
Bisogna dare atto all’iniziativa sollecitata dall’Aim: quando hanno messo a disposizione questa opportunità noi che abbiamo come unico scopo la promozione e lo sviluppo del volontariato, non abbiamo potuto che collaborare al massimo. Anche perché attraverso l’aiuto e il supporto del Credito Valtellinese, proprio in un momento difficile economicamente, si crea l’occasione di una bella vetrina del volontariato. Noi abbiamo messo a disposizione tutta la nostra competenza e la rete delle associazioni, per creare il programma di lavoro e dare l’opportunità a 200 associazioni di essere presenti in questa manifestazione, avendo a disposizione uno stand gratuito. Quindi è stato un ottimo sodalizio, molto positivo di cui ringraziamo l’Aim, perché Milano ne ha bisogno. «Sì, Milano è ancora la capitale del volontariato. Risulta sicuramente la città dove c’è un maggior concentrato di persone che dedicano tempo agli altri sia in associazioni iscritte all’Albo sia in altre non formalmente iscritte. Nella nostra ultima rilevazione relativa ai dati del 2007 a Milano e provincia sono quasi 2 mila organizzazioni, con oltre 75 mila volontari». Lino Lacagnina è il presidente del Ciessevi, il Centro servizi per il volontariato di Milano e provincia. E chiede alle istituzioni una maggiore considerazione nelle scelte strategiche.Il volontariato può essere anche una forma di antidoto sociale alle chiusure e a forme di razzismo?Direi proprio di sì: c’è infatti un leggero aumento delle associazioni che si impegnano proprio nel campo dell’immigrazione. In ogni caso circa il 70 per cento è costituito da associazioni con servizi alle persone: dai disabili, agli anziani, alle dipendenze di vario genere. È poi molto variegato per cui c’è anche chi si impegna per l’ambiente o per la cultura.Come sta cambiando il profilo del volontario milanese? C’è una forte presenza per esempio di pensionati attivi?Sicuramente c’è questo fenomeno di persone che ancora in buona salute vanno in pensione e si impegnano, anche se i dati del 2007 registrano un lieve calo degli ultra 54enni. Invece va sottolineato il dato interessante di un aumento abbastanza consistente – intorno alle 3 mila persone – nella fascia della maturità, dai 29 ai 54 anni, proprio in piena attività lavorativa. Tra i giovani abbiamo un leggero calo, ma anche perché diminuisce complessivamente questa fascia di età. L’impegno di tutte le associazioni di volontariato è quello di riuscire a coinvolgere maggiormente i giovani: una delle difficoltà maggiori che incontrano è proprio quella del reperimento di nuovi volontari, perché i bisogni sono tanti. Subito dopo segue quello dei finanziamenti.La crisi quanto incide sul volontariato?Intanto incide per i Ciessevi, che svolgono un’azione di supporto al volontariato. In concreto vuol dire che quest’anno possiamo fare molti meno corsi di formazione. I minori finanziamenti incidono anche sulle consulenze alle associazioni per affrontare le varie necessità. C’è bisogno di più tempo, perché abbiamo dovuto tagliare un po’ di personale. Comunque la crisi incide: abbiamo colto che qualcuno fa magari meno volontariato, perché deve arrotondare. Non è vero che una persona in cassintegrazione ha più tempo da dedicare, perché ha ben altri problemi per sbarcare il lunario.Com’è il rapporto con le istituzioni pubbliche? Il volontariato è tenuto in debito conto?In debito conto sicuramente, soprattutto un po’ strumentalmente, perché in un momento dove i primi a non avere risorse sono gli enti locali è chiaro che fa comodo l’associazione che risolve un problema riducendo i costi, al posto di una cooperativa che si utilizzava prima. Per cui bisogna stare attenti a come si opera su questo campo. Tutti ne parlano bene – il volontariato fa un lavoro straordinario – è difficile non riconoscerlo…Ma il rischio è la supplenza rispetto al pubblico…Certo, a volte si fa questa supplenza. Però nei fatti – per esempio nei Piani di zona – il coinvolgimento non è paritario, non vengono poste attenzioni che consentono al volontariato di essere più protagonista. Se convoco una riunione alle 10 del mattino vuol dire che non mi interessa che il volontariato sia presente, perché a parte qualche pensionato la stragrande maggioranza dei volontari a quell’ora lavora. Si mette nelle condizioni di non venire. E così per tante altre questioni. In questo momento è veramente difficile dialogare con il livello politico, delle istituzioni, anche se tutti ne parlano bene però devi essere sempre subordinato, un ruolo paritario non viene riconosciuto. Credo che questo lo avvertano tutti.Valorizzazione vuol dire anche incidere nelle scelte…Sì, tendenzialmente la politica vuole sempre consensi. Ma appena si espone una serie di problematiche o vanti un protagonismo maggiore… Poi abbiamo una composizione molto variegata e a volte si rischia di avere una discriminazione “politica”, a secondo delle realtà di provenienza.Il cardinale Tettamanzi sollecita la città e la Diocesi a un impegno sulla sobrietà e la solidarietà. Come il mondo del volontariato valuta questa sollecitazione?Ci siamo sentiti sostenuti, incoraggiati e spronati da tutte le azioni che il Cardinale ha messo in essere. Lo abbiamo sentito veramente molto vicino in un momento in cui ci sono parecchie difficoltà. Chiaramente il mondo del volontariato è un terreno fertile per le parole dell’Arcivescovo, perché dedica energie, tempo e impegno per gli altri. Ma anche questa attenzione per la sobrietà o l’ambiente sono tutte tematiche che nella nostra realtà sono quotidiane.Qual è il senso della due giorni che promuovete insieme all’Aim la prossima settimana?Bisogna dare atto all’iniziativa sollecitata dall’Aim: quando hanno messo a disposizione questa opportunità noi che abbiamo come unico scopo la promozione e lo sviluppo del volontariato, non abbiamo potuto che collaborare al massimo. Anche perché attraverso l’aiuto e il supporto del Credito Valtellinese, proprio in un momento difficile economicamente, si crea l’occasione di una bella vetrina del volontariato. Noi abbiamo messo a disposizione tutta la nostra competenza e la rete delle associazioni, per creare il programma di lavoro e dare l’opportunità a 200 associazioni di essere presenti in questa manifestazione, avendo a disposizione uno stand gratuito. Quindi è stato un ottimo sodalizio, molto positivo di cui ringraziamo l’Aim, perché Milano ne ha bisogno.