
All’Oftal di Milano la conoscono tutti come “zia Franca” ed è così che le piace essere chiamata. Al telefono la sua voce inganna, non dimostra affatto i suoi 88 anni. E anche lo spirito lo conferma. Non nasconde la sua passione per i giovani: «Ancora oggi mi trovo meglio con loro che con le persone anziane». La prima volta è andata a Lourdes per accompagnare una cognata e in quell’occasione ha conosciuto l’Unitalsi. Quando i suoi 4 figli sono diventati grandicelli «volevo fare qualcosa», impegnarsi nel volontariato, dedicarsi gli altri… Tentò di entrare nell’Unitalsi, ma non vi riuscì. I suoi amici però le dicevano: «Tu sei un tipo da Oftal». Forse avevano ragione perché poi la donna militò nell’organizzazione milanese per 25 anni trovandosi «benissimo». Quando è entrata nel 1965, «l’Oftal non era ancora un’associazione, ma un gruppo di persone, anche molto distinte, della Milano “bene”. Intanto iniziavano a partecipare ai pellegrinaggi infermieri e medici». Alla nuova «dama» fu chiesto subito molto: Pina Caprino la mandò a seguire gli ammalati gravi e a fare le notti, le due donne divennero «amiche indivisibili». Un giorno «zia Franca» guardando alle numerose persone anziane dell’Oftal si chiese: «Cosa succederà quando una dopo l’altra… se ne andranno?». Pensava infatti che era giunto il momento di «svecchiare» l’associazione per darle un futuro. «Iniziamo a portare a Lourdes i nostri ragazzi», disse allora a qualche conoscente: un avvocato e il professor Rocca che avevano entrambi 6 figli, un’amica che ne aveva 2 e poi c’erano i suoi 4. Così sono partiti in pellegrinaggio i primi giovani, in seguito «Rocca ha portato anche un gruppo di allievi e io i giovani della mia parrocchia». Anche il marito di «zia Franca», che all’inizio sembrava restìo, alla fine si buttò nell’avventura: «Aveva tenuto addirittura un vecchio autocarro che utilizzava per trasportare dal magazzino al treno ciò che occorreva per i viaggi a Lourdes». Intanto per «tenere insieme» il gruppo di ragazzi «ho iniziato a organizzare cene, spaghettate, maccheroni al gratin…». Con il passaparola il numero di dame e barellieri in erba cresceva, arrivavano giovani dalle parrocchie di Milano e dai paesi limitrofi; anche le suore Marcelline hanno portato un gruppo, a ruota le Orsoline e poi i Salesiani. «Mi sono trovata a voler bene a quei ragazzi», ammette «zia Franca», che oggi sono diventati i «dirigenti» dell’Oftal. «Sono stati anni bellissimi – conclude la donna -, l’importante era riuscire a “galvanizzali”, perché occorrevano nuove leve; noi che allora avevamo 40 anni abbiamo fatto da tramite». All’Oftal di Milano la conoscono tutti come “zia Franca” ed è così che le piace essere chiamata. Al telefono la sua voce inganna, non dimostra affatto i suoi 88 anni. E anche lo spirito lo conferma. Non nasconde la sua passione per i giovani: «Ancora oggi mi trovo meglio con loro che con le persone anziane». La prima volta è andata a Lourdes per accompagnare una cognata e in quell’occasione ha conosciuto l’Unitalsi. Quando i suoi 4 figli sono diventati grandicelli «volevo fare qualcosa», impegnarsi nel volontariato, dedicarsi gli altri… Tentò di entrare nell’Unitalsi, ma non vi riuscì. I suoi amici però le dicevano: «Tu sei un tipo da Oftal». Forse avevano ragione perché poi la donna militò nell’organizzazione milanese per 25 anni trovandosi «benissimo». Quando è entrata nel 1965, «l’Oftal non era ancora un’associazione, ma un gruppo di persone, anche molto distinte, della Milano “bene”. Intanto iniziavano a partecipare ai pellegrinaggi infermieri e medici». Alla nuova «dama» fu chiesto subito molto: Pina Caprino la mandò a seguire gli ammalati gravi e a fare le notti, le due donne divennero «amiche indivisibili». Un giorno «zia Franca» guardando alle numerose persone anziane dell’Oftal si chiese: «Cosa succederà quando una dopo l’altra… se ne andranno?». Pensava infatti che era giunto il momento di «svecchiare» l’associazione per darle un futuro. «Iniziamo a portare a Lourdes i nostri ragazzi», disse allora a qualche conoscente: un avvocato e il professor Rocca che avevano entrambi 6 figli, un’amica che ne aveva 2 e poi c’erano i suoi 4. Così sono partiti in pellegrinaggio i primi giovani, in seguito «Rocca ha portato anche un gruppo di allievi e io i giovani della mia parrocchia». Anche il marito di «zia Franca», che all’inizio sembrava restìo, alla fine si buttò nell’avventura: «Aveva tenuto addirittura un vecchio autocarro che utilizzava per trasportare dal magazzino al treno ciò che occorreva per i viaggi a Lourdes». Intanto per «tenere insieme» il gruppo di ragazzi «ho iniziato a organizzare cene, spaghettate, maccheroni al gratin…». Con il passaparola il numero di dame e barellieri in erba cresceva, arrivavano giovani dalle parrocchie di Milano e dai paesi limitrofi; anche le suore Marcelline hanno portato un gruppo, a ruota le Orsoline e poi i Salesiani. «Mi sono trovata a voler bene a quei ragazzi», ammette «zia Franca», che oggi sono diventati i «dirigenti» dell’Oftal. «Sono stati anni bellissimi – conclude la donna -, l’importante era riuscire a “galvanizzali”, perché occorrevano nuove leve; noi che allora avevamo 40 anni abbiamo fatto da tramite».