07/12/2008
di Giampiero ALBERTI
Le principali feste religiose dei musulmani sono due: ’id al fitr, la festa della “rottura del digiuno” di Ramadan e ’id al adha, la festa del sacrificio del figlio di Abramo. La prima, detta anche “la piccola festa” (quest’anno è stata il 30 settembre), avviene al termine del mese in cui i musulmani di tutto il mondo hanno osservato il digiuno durante le ore di luce. Le modalità della festa sono simili a quelle del nostro Natale: scambio di auguri e di doni, e stare insieme tra famiglie.
“La grande festa”, ’id al adha, quest’anno è il 8 dicembre. Questo giorno corrisponde, nel calendario islamico, al decimo del mese del Pellegrinaggio, ultimo dei dodici mesi lunari che compongono un anno di 354 giorni. In questa festa i musulmani che hanno fatto il “pellegrinaggio della vita” alla Mecca – quinto precetto – sono riuniti a Mina, una località vicina alla città santa dell’Islam; lì immolano un montone, facendo memoria del sacrificio di Abramo.
Il Corano, quando parla del sacrificio, non dice il nome del figlio; ma per la tradizione islamica, a differenza di quanto è narrato nella Bibbia, la vittima designata per il sacrificio non fu Isacco, bensì Ismaele, il figlio che Abramo ebbe da Agar, e che i musulmani considerano capostipite degli arabi e fondatore della Mecca. Nel giorno della festa, in comunione con i pellegrini riuniti a Mina, i musulmani del mondo intero immolano un animale, possibilmente un montone.
Il sacrificio di Abramo è patrimonio comune a ebrei, cristiani e musulmani. Al di là di una interpretazione simbolica che noi cristiani possiamo dare al racconto biblico, rimane per tutti il messaggio inequivocabile: la grande fede di Abramo, che ebrei, musulmani e cristiani chiamiamo “Padre nella fede”.