05/03/2008
di Luisa BOVE
Da 11 anni la Casa di accoglienza di Sant’Ambrogio ospita anziani autosufficienti per brevi periodi. In occasione dell’anno Santambrosiano, in cui la parrocchia festeggiava i 1600 anni dalla morte del Patrono, l’abate monsignor Franco Verzelleri lanciò l’idea di avviare una nuova attività caritativa che rispondesse alle esigenze di Milano. Quindi suggerì ad alcuni parrocchiani di chiedere consiglio alla Caritas Ambrosiana.
«Ci hanno detto che una delle necessità era quella di dare sollievo alle famiglie che avevano un anziano in casa – racconta Ginia Bozzi -, ma che non sapevano dove lasciarlo quando dovevano assentarsi per lavoro o semplicemente volevano “tirare il fiato”». Detto fatto. L’abate ha messo subito a disposizione un bell’appartamento, ampio e confortevole, che si affaccia sulla Basilica, chiedendo all’associazione solo un affitto simbolico.
La casa di piazza S. Ambrogio 25 (tel. 02.72023315 – www.casasantambrogio.it – info@casasantambrogio.it) si inserisce nel progetto “Aiutare chi aiuta”, messo a punto da Patrizia Taccani, psicologa e docente della Scuola regionale per operatori sociali del Comune di Milano, e da Francesca Kaucisvili.
La struttura è aperta quasi tutto l’anno (tranne a Natale e dal 20 luglio al 31 agosto) e può ospitare fino a 5 persone in due camere a due letti e una singola. Unico problema, dicono i responsabili, èla mancanza di ascensore. «Accogliamo persone semi-autosufficienti che non possono stare a casa da sole, non riescono a farsi da mangiare, non vedono, non sentono o non camminano bene, tutte invalidità che complicano la vita», ammette Bozzi. Non ospitano malati gravi o allettati, perché non possono garantire un’assistenza medica e infermieristica.
Da alcuni anni il servizio si è allargato alle “convalescenze protette”. Dopo un ricovero in ospedale, infatti, molti anziani che vivono da soli non sono in grado di gestirsi e chiedono ospitalità. L’associazione è in contatto anche con il “Gaetano Pini”, perché a volte basta la semplice frattura di un braccio o di una gamba per impedire una vita normale.
«Diamo anche la possibilità alle badanti di andare in ferie e agli anziani di non sentirsi soli – aggiunge Elena Scaler, che lavora part-time cinque mattine alla settimana -. Gli ospiti possono fermarsi da noi un mese, ripetibile durante l’anno, per permettere a più persone di usufruire della struttura. Accogliamo sia uomini sia donne dai 75 ai 90 anni – spiega Scaler -, ma l’età è orientativa, perché abbiamo avuto ospiti anche di 60 e di 102 anni».
La casa è aperta a tutti, ma la maggior parte degli ospiti abita a Milano, qualcuno arriva dall’hinterland e addirittura da Varese. «Spesso è lo stesso anziano a telefonare, altre volte i figli o i nipoti – spiegano i volontari -. Il futuro ospite o i parenti compilano un questionario e se ci sono i requisiti l’anziano viene accolto», ma se occorre un volontario va in casa per verificare la situazione. L’ideale è che i familiari visitino prima la struttura di S. Ambrogio, «perché conoscendo il parente si rendono conto se l’abitazione è adatta senza rischiare che si trovino a disagio», dice Scaler.
«Agli ospiti chiediamo un contributo spese di 40 euro al giorno, ma durante l’anno capita di aiutare qualcuno che non ce la fa». In casa è presente dalle 8 alle 14 un’operatrice socio-sanitaria e durante il giorno si alternano a turno diversi volontari. Oltre a tenere compagnia agli ospiti svolgono anche lavori domestici; la spesa invece viene fatta on line una volta alla settimana. I volontari sono circa 60, di cui un terzo giovani. Da alcuni anni si sono aggiunti studenti della Cattolica che garantiscono anche la presenza notturna.