«L’inaugurazione di un Anno accademico non è solo questione di numeri anche se, con legittima fierezza, li si propone, perché la quantità non basta, ma occorre la qualità, che non si può descrivere con i numeri perché è una vocazione più ampia dei risultati quantificabili». L’Arcivescovo riflette così, nella mattina dell’inaugurazione dell’anno accademico 2019-2020 dell’Università commerciale “Luigi Bocconi”. Nella Rettoria San Ferdinando – contigua alla sede storica dell’ateneo -, per la celebrazione eucaristica da lui presieduta, ci sono il rettore Gianmario Verona e il presidente Mario Monti, docenti, membri del Senato accademico, studenti e personale dell’Università. Concelebrano la Messa don Marco Cianci (responsabile della Consulta diocesana di Pastorale universitaria), don Pier Paolo Zannini (cappellano della Bocconi), i suoi predecessori don Walter Magni e don Giambattista Biffi e il decano dei Navigli don Walter Cazzaniga.
«La qualità di un’Università è la corrispondenza con un valore e un significato e, dunque, questo momento liturgico che introduce a una mattinata importante (con la successiva inaugurazione del nuovo Campus e dell’Anno alla presenza del presidente della Repubblica, ndr) ha il significato di pregare insieme per esprimere il desiderio di dare un senso e una missione alla qualità accademica», osserva ancora l’Arcivescovo, che indica tre parole specifiche: «La prima è l’invettiva, con un linguaggio che può svegliare la comunità, anche accademica, a una missione critica, a porre domande, a diffidare dei luoghi comuni e degli entusiasmi collettivi. È, questa, una distanza critica che permette di vedere orizzonti lontani. L’Università, infatti, non è una fabbrica di impiegati, ma è un luogo per formare persone libere di pensare, capaci di dire si e no e di esercitare la responsabilità. L’invettiva non è per essere aggressivi, lamentosi, scontenti di tutto o per offendere qualcuno, ma esiste, in tale senso, per essere liberi, guardando la realtà in tutti i suoi aspetti».
Poi, il gemito che «può interrogare la comunità accademica sulla sua responsabilità sociale, accogliendo il gemito del mondo e di tutte e persone che lavorano e studiano in Università. Luogo che non può essere un ambiente privilegiato per privilegiati, ma lo spazio propizio per prendersi cura delle ferite del mondo. L’Università non è chiamata a fare beneficienza, ma a interpretarsi come un servizio che raccoglie gli interrogativi dei popoli e cerca le risposte con i suoi mezzi e i suoi metodi, con i suoi limiti e con le sue immense potenzialità, con il rigore delle procedure e con l’intensità della compassione».
Infine, l’espiazione – il riferimento è alla prima lettura dal Libro del profeta Ezechiele -, «che non è una parola facile da capire, ma esprime la solidarietà e un modo per rimediare ai danni che altri hanno commesso, facendosi avanti per portarne le conseguenze. Il popolo dell’Università può applicare, in modo analogico, questo termine al fine di predisporre mezzi per affrontare i danni dell’economia o delle relazioni internazionali che, in alcune loro espressioni, rendono la vita difficile alla gente. Incrementiamo competenze e individuiamo vie migliori per le relazioni tra le Nazioni e popoli».
Da qui la consegna a farsi avanti, a condividere e a cercare di aggiustare il mondo con «l’invettiva, per esprimere il vigore dell’istanza critica, con il gemito, per dire la responsabilità verso il dolore del mondo, con l’espiazione per riconoscere la disponibilità anche al sacrificio».
A conclusione il pensiero va all’inaugurazione del nuovo e modernissimo edificio di via Sarfatti, alla quale, dopo poco, partecipa anche l’Arcivescovo. «Un Campus, opera impegnativa e promettente, dove è importante che abiti un giusto spirito per vivere insieme e realizzare la propria vocazione».