Sono allegri come tutti i loro coetanei, si vestono come gli adolescenti di ogni parte del mondo, sono curiosi e attenti come accade alla loro età, eppure stanno vivendo un dramma e a casa hanno lasciato genitori che ogni giorno sfidano la morte, anche solo per andare a cercare cibo. I trenta ragazzini e ragazzine, tra gli 11 e i 16 anni, che entrano un po’ intimoriti in Arcivescovado per incontrare monsignor Delpini, vengono infatti da Kharkiv, la città martire ucraina al confine con la Russia. Ospitati dai volontari di «Frontiere di pace» nella Casa scout «Don Titino» di Como per due settimane, i giovani sono arrivati il 14 giugno e ripartiranno il 28. A Milano hanno visitato il Castello e naturalmente il Duomo. Sono entusiasti della Madonnina, chiedono all’Arcivescovo se sia veramente d’oro, si guardano in giro, accompagnati dai volontari italiani e da suor Oleksia, religiosa greco-cattolica di San Giuseppe, che guida la spedizione ucraina insieme al responsabile della Caritas di Karkiv.
«Ci stanno bombardando fortissimo: soltanto a maggio sono cadute sulla città 76 bombe radiocomandate. Ci sono ovunque dolore, distruzione, viviamo momenti molto difficili», spiega la religiosa che fa da interprete tra i ragazzi e monsignor Delpini. «I bambini vogliono vivere in pace: le nostre scuole sono chiuse, studiano solo online, hanno perso amici e insegnanti. Per noi è un orgoglio essere qui», aggiunge suor Oleksia che ha accompagnato questa «vacanza di speranza», provenendo dall’Ucraina e arrivando in Italia dopo due giorni di viaggio, attraversando l’Ungheria, dove, alla frontiera, sono stati bloccati per più di 11 ore, mentre adesso sperano di poter tornare entrando in Polonia.
Allora guardi i volti di questi ragazzi ordinatamente seduti in Cappella arcivescovile, pensi alle sirene che interrompono i loro sogni – quelli di notte e quelli di giorno – e capisci perché considerino Milano «bella e tranquilla» e si stupiscano che la gente sorrida per strada. E il pensiero va alla loro coetanea Masha, morta con la mamma sabato 25 maggio nel centro commerciale della sua città. Doveva partecipare al soggiorno, «era la più giovane animatrice della distribuzione di aiuti che ogni settimana si svolge intorno alla Cattedrale di Kharkiv», dice il volontario Luca Trippetti all’Arcivescovo con la voce incrinata dall’emozione.
«La Madonnina vi protegga»
«Desidero dirvi che siete benvenuti in questo palazzo dove gli Arcivescovi di Milano risiedono da secoli. Il mio desiderio è che vi sentiate accolti con amicizia e simpatia. Voglio anche dirvi che il popolo italiano e la nostra Chiesa hanno sofferto con voi e hanno cercato di aiutare la vostra bella patria. Abbiamo pregato e preghiamo. A Milano il fatto che ci sia la pace vuol dire che si può guardare alla vita con fiducia, anche se non va sempre tutto bene – scandisce l’Arcivescovo -. Vi auguro di poter sperare la pace e vi assicuro la mia preghiera, offrendovi un piccolo ricordo di questa visita, un’immagine della Madonnina». Quella immaginetta che, nel retro, riporta in inglese una preghiera di benedizione e che i ragazzi tengono in mano con delicatezza, così come la medaglietta donata loro. «Un ricordo dell’incontro con me, perché protegga voi e la vostra famiglia», sottolinea ancora l’Arcivescovo prima della foto di gruppo con le bandiere ucraina e italiana.
«Dal marzo 2022, noi 30 volontari di “Frontiere di pace” della provincia di Como – con sede nella parrocchia di Maccio, Villaguardia – organizziamo missioni umanitarie nella zona di Karkiv, a Kramatorsk, nel Donbass e a Kherson – racconta Trippetti -. Abbiamo realizzato 27 missioni portando oltre 140 tonnellate di cibo, medicinali e attrezzature ospedaliere che raccogliamo nelle nostre parrocchie e in quelle vicine, nei Comuni, nelle scuole, nelle aziende del territorio, anche grazie al rapporto con la Caritas di Como. Distribuiamo questi beni direttamente nei luoghi di confine. Io personalmente ho fatto sei viaggi, l’ultimo a marzo. Questa vacanza in Italia vuole regalare giorni di sollievo a chi vive da due anni sotto le bombe. Non possiamo risolvere il problema della fame e della guerra, ma possiamo dare almeno un po’ di speranza, perché si possono avere magari i mattoni, ma senza il desiderio e la speranza di costruire una casa non servono».