Lo dice, senza troppi giri di parole, Elena Simone, 48 anni, di Novate Milanese, mentre carica il carrello all’Emporio della Solidarietà di Garbagnate Milanese: a farle paura, più del virus, è il panico. «Da quando si è diffuso l’allarme le signore non mi chiamano più a fare i mestieri in casa – racconta -. È un disastro: per me non esistono ferie, malattia, smart working. Se non lavoro, non prendo un euro. Spero che arrivino presto buone notizie e che la gente cambi atteggiamento».
Nel 2008, con la crisi economica, Elena ha perso il posto da impiegata in un’azienda di trasporti della zona. Da allora si è sempre data da fare, ma non ha più ritrovato un contratto. Così si è arrangiata con lavoretti saltuari. Ma ora le ansie provocate dal Coronavirus rischiano di dare un altro duro colpo alla sua vita. «Non posso assolutamente permettermi di rinunciare alle clienti», spiega mentre, prima di uscire, passa la tessera alla cassa, da dove le vengono scalati i punti che ha in dotazione per il mese, calcolati dai volontari del Centro di ascolto in base al suo stato di bisogno.
Mini-market sempre aperto
In questi giorni di emergenza, il mini-market solidale della Caritas Ambrosiana non ha mai chiuso. In base alle nuove indicazioni date dall’organismo diocesano a seguito dell’ordinanza regionale per il contenimento del contagio, il servizio si è riorganizzato. «Non potevamo abbandonare le persone che aiutiamo proprio in questo momento difficile per tutti e a maggior ragione per loro – spiega Salvatore Doria, operatore della cooperativa Intrecci che gestisce il punto di distribuzione -. Così abbiamo tenuto aperto, ma a chi veniva abbiamo chiesto di attendere fuori il suo turno per evitare che nel locale ci fossero troppe persone contemporaneamente. Devo dire che si sono mostrati tutti molto collaborativi e abbiamo potuto gestire la situazione».
I cornetti del Refettorio
Alle 16.30 anche al Refettorio Ambrosiano i volontari sono al lavoro. Secondo le nuove indicazioni, la cena non può essere consumata all’interno della mensa solidale. Così Tullia e Anna preparano i lunch-box da distribuire più tardi all’ingresso. Questa sera nei sacchetti gli ospiti troveranno oltre al primo (un risotto), un panino, una fetta di panettone e cornetti dolci fritti: un omaggio al Carnevale milanese, di cui la cuoca non si è voluta dimenticare, proprio nella speranza di spazzare via per un po’ l’atmosfera mesta di questi giorni di emergenza.
«Ci si stringe il cuore a dover lasciare fuori dalla porta i nostri ospiti, proprio in un momento come questo, in cui molti di loro passano tutta la giornata per strada perché anche le biblioteche hanno chiuso – spiega Fabrizia Ferrari, responsabile della mensa -. Quella che abbiamo trovato è una soluzione di compromesso, lo sappiamo bene. Speriamo presto di poter tornare alla normalità».
I controlli al Rifugio
Inizia a farsi sera. A poca distanza dal Refettorio, al Rifugio Caritas, il tunnel sotto i binari della Stazione Centrale trasformato in dormitorio, i senzatetto entrano uno alla volta. In una stanza accanto all’infermeria gli operatori con mascherina e guanti di lattice misurano con un termometro a infrarossi le febbre e controllano che non abbiano gola arrossata e tosse. In questo caso, come da indicazioni del Ministero della Salute, sanno che devono chiamare l’autombulanza. Hanno invece attrezzato un posto-letto separato dagli altri per coloro ai quali dovesse essere riscontrata un temperatura corporea superiore al normale. Alla fine della serata, entreranno in 53 e nessuno sarà isolato. «Non ci piace accogliere così le persone, ma siamo in una situazione di emergenza del tutto inedita – allarga le braccia Vincenzo Gravina, responsabile della struttura -. Stiamo cercando di farvi fronte per come possiamo e dalla prossima settimana potremo anche contare su personale medico per allestire un filtro sanitario a tutela di tutti. Andiamo avanti: la cosa importante è non chiudere. Perché per queste persone sarebbe ancora peggio».