C’è una missione dell’Università Cattolica, non c’è solo un servizio da rendere agli studenti. Una missione che riguarda questo tempo, questa terra e questa Europa».
Nell’Aula Magna dell’Ateneo dei cattolici italiani, per l’inaugurazione dell’Anno accademico 2021-2022, l’Arcivescovo, nella sua veste di presidente dell’Istituto di Studi Superiori “Giuseppe Toniolo”, indica con chiarezza quale sia il compito di tutti coloro che, a diverso titolo, operano, studiano, fanno ricerca, impegnandosi in questa Università così unica e che, proprio per questo, ha una responsabilità e una presenza del tutto particolare: guardare al futuro con fiducia e scommettere sui giovani. Come si rende evidente nell’articolarsi della mattinata di inaugurazione solenne che vede, in apertura, il video messaggio del Papa e – oltre al consueto discorso del rettore, Franco Anelli, e all’intervento dell’arcivescovo -, la prolusione affidata a Ursula von der Leyen presidente della Commissione europea. In prima fila, tra molte altre autorità civili e militari, ben due ex presidenti del Consiglio, Romano Prodi (anche già presidente della Commissione europea) e Mario Monti e la ministra Maria Stella Gelmini.
Il messaggio di papa Francesco
3 le parole-chiave che sottolinea il Papa per delineare quella che definisce la «mistica» di una «grande istituzione culturale», come la “Cattolica”: «fuoco, speranza e servizio».
«Prima ancora di trasmettere quello che si sa, si accende il fuoco condividendo quello che si è. Questo contatto avviene grazie all’incontro», spiega il Santo Padre. Poi, la speranza contrapposta «alla cultura individualista, che esalta l’io in opposizione al noi e promuove l’indifferenza che sminuisce il valore della solidarietà e mette in moto la cultura dello scarto».
Il riferimento è al «patto educativo globale» promosso «per sensibilizzare tutti all’ascolto delle grandi domande di senso del nostro tempo, a partire da quelle delle nuove generazioni» riguardo «alle ingiustizie sociali, alle violazioni dei diritti, alle migrazioni forzate». Realtà di fronte alle quali «l’università non può rimanere sorda». L’invito, per tutti, è a proporre «un pensiero nuovo e creativo» e, per i giovani, «a non lasciarsi rubare la speranza e contagiare dal virus dell’individualismo. L’università è il luogo adatto per sviluppare gli anticorpi contro questo virus».
L’intervento dell’Arcivescovo
Dunque una mission di alto profilo non solo accademico e scientifico, ma anche sociale, che torna nell’intervento del vescovo Mario «di fronte ai segnali di tristezza, forse sintomi di una malattia mortale, forse sfide per una nuova civiltà» che pervadono l’Europa. Segnali rinvenibili «nell’infelicità del pensiero critico mortificato da essere una grammatica del sospetto; nella cultura giuridica ridotta a competenza delle procedure; nei percorsi di economia e finanza che si esauriscono nella formazione di funzionari organici al sistema».
Da qui la scelta «per pensiero critico che può essere lieto se è discernimento per introdurre allo stupore; per la cultura giuridica che può offrire motivazioni all’impresa di aggiustare il mondo se introduce nell’arte della politica e del convivere civile secondo giustizia». È tutto per «un umanesimo della speranza» che la Cattolica deve testimoniare «con fierezza e modestia, portando il suo contributo alla cultura del nostro tempo». Quello che «non ama i toni aggressivi dell’ideologia, non ama le parole amare dello scoraggiamento, gli entusiasmi ingenui di una tecnologia che esonera dalla responsabilità di pensare, di decidere, di percorsi alternativi».
La prolusione
E interamente rivolta ai giovani è stata anche la prolusione della presidente von der Leyen, più volte interrotta dagli applausi. «Una nuova generazione di leader si sta formando tra queste mura che darà forma all’Italia del dopo-pandemia: siete voi studenti e studentesse che mi ascoltate oggi. Il futuro è della prossima generazione di europei».
Anche von der Leyen affida a 3 parole la missione della Unione al servizio della Next Generation: «pianeta, innovazione, democrazia».
«Per un futuro più sostenibile, il Green Deal europeo intende dare una risposta concreta alle minacce climatiche e ambientali, favorendo allo stesso tempo una crescita economica, digitale e verde». Non a caso, dalle nuove generazioni prende il nome il piano straordinario “Next Generation EU” che, con un pacchetto per gli investimenti di oltre 800 miliardi di euro, sosterrà la ripartenza.
«La nostra missione è proteggere e ampliare la nostra democrazia» ha affermato ancora. «L’Europa che voglio deve proteggere le persone dai contenuti illeciti online e dalla disinformazione, rendendo le piattaforme dei social media più responsabili dei contenuti che ospitano. L’Europa che voglio deve proteggere dall’incitamento all’odio e dai reati generati dall’odio, integrando l’elenco dei reati nei nostri trattati». Infine l’annuncio, venuto dalla presidente, di proporre il 2022 come Anno europeo dei giovani. «La democrazia ha bisogno del vostro impegno. Quindi, dite la vostra e l’Europa ascolterà».
Il discorso del rettore Anelli
Giovani a cui ha dedicato gran parte del suo discorso anche il magnifico rettore. Con loro, ha detto Anelli, «oggi varchiamo una soglia: comincia il secondo secolo di vita di questo Ateneo. La presenza della presidente della Commissione ricongiunge i due elementi costitutivi dell’identità di questa Università: la sua dimensione nazionale e quella europea. In primo luogo, perché è un’università e le università sono in sé portatrici di una cultura intrinsecamente europea. L’Unione stessa non sarebbe stata concepibile senza quella comune matrice di pensiero che le università hanno contribuito a creare e diffondere; così come le nostre università di oggi non sono pensabili se non all’interno del sistema europeo dell’alta formazione e della ricerca. In secondo luogo, questa università è ancor più profondamente europea proprio perché cattolica».
Poi, le cifre che parlano da sole: oltre 300.000 laureati nella storia dell’Ateneo, 12 Facoltà con 104 corsi di laurea; più di 44.000 iscritti ai programmi formativi, compresi quelli post lauream. «Siamo la prima università italiana, secondo i ranking internazionali, per presenza di aziende nei nostri campus e costantemente ai primi posti nella employers reputation. In 6 anni gli studenti internazionali sono cresciuti del 59% e i double degree attivati sono 24. Nell’anno trascorso abbiamo raccolto finanziamenti alla ricerca per oltre 33mln di euro e sostenuto la ricerca con fondi propri per oltre 4 mln». Intenso, inoltre, il sostegno agli studenti con un’erogazione complessiva di 25 mln ogni anno a beneficio di quasi 10.000 studenti, «supplendo anche all’insufficienza delle risorse pubbliche».
Infine, la grande sfida che arriva, finalmente, a realizzazione con la consegna dell’ala Santa Valeria della Caserma Garibaldi di piazza Sant’Ambrogio e il perfezionamento della convenzione con il Comune di Milano e l’Agenzia del demanio che consentirà l’avvio dei lavori di ristrutturazione.
«Dopo anni di intensi sforzi, un’aspirazione che fu già dei nostri fondatori si compie e cominciamo a vedere concreta all’orizzonte la possibilità di realizzare un grande campus urbano nel fabbricato che fu prima convento francescano, una caserma militare per infine ospitare la Polizia di Stato. Verrà così restituito alla città un rinnovato luogo di studio e cultura».
La messa in Sant’Ambrogio
Insomma, grandi orizzonti, sentimenti, speranze e auspici, per «100 anni di futuro», che avevano trovato voce, prima dell’inaugurazione solenne, nella Eucaristia presieduta dall’arcivescovo nella basilica di Sant’Ambrogio, concelebrata da oltre 10 sacerdoti, impegnati in “Cattolica” e in altri Atenei.
Portando il saluto introduttivo, l’assistente ecclesiastico generale, monsignor Claudio Giuliodori, ricorda il centenario dell’Università, il momento liturgico la domenica dell’Incarnazione, in cui si situa l’inaugurazione 2021, e richiama l’antica tradizione di inaugurare l’Anno l’8 dicembre, festa dell’Immacolata.
L’omelia dell’Arcivescovo
Nel riferimento al “sì” di Maria e alle letture della VI domenica dell’Avvento ambrosiano prende avvio la riflessione del vescovo Mario. «Non sottovalutatevi, non dite male dell’umanità, siate lieti, coltivate un nuovo umanesimo». Quello «che si costruisce nella ricerca del vero, con uno stile gentile e amabile, con animo lieto».
Un contenuto, lo stile, uno stato d’animo, realizzato da coloro «che fecero l’impresa» di fondare l’Università dei cattolici italiani, immaginando ciò che è ancora oggi. «Una risposta alla vocazione di pienezza, nata cent’anni fa dell’audacia di uomini e donne che hanno creduto che uomini e donne non sono chiamati alla mediocrità, ma alla pienezza, che i cristiani non sono tanto più cristiani quanto più sono ignoranti ed evitano domande, ma quanto più sono esperti di umanità».
Un ruolo fondamentale specie oggi, laddove in «un contesto in cui il criterio di giudizio inappellabile è il soggettivismo individualistico», la “Cattolica” «continua a credere che esista una verità che non sia ideologia, una giustizia che non sia fredda oggettività, una purezza che non sia astratta perfezione».