L’appartamento di via Diaz a Erba, in cui l’11 dicembre 2006 si è consumata la strage di quattro persone e una quinta si è salvata per miracolo, nei giorni scorsi ha aperto i battenti per accogliere una famiglia magrebina. Così quella che era la casa della strage e della morte è diventata la casa della vita, della speranza e dell’accoglienza. In quei locali dove era risuonata l’allegria del piccolo Youssef, trucidato quella sera con la mamma Raffaella Castagna, la nonna Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini, sono tornate le voci allegre di quattro bambini e dei loro genitori, costretti nei mesi scorsi a lasciare la loro abitazione per la perdita del posto di lavoro del papà. Qui resteranno i mesi necessari perché possano trovare un’altra sistemazione definitiva.
“Casa Raffaella”, questo il nome dato all’appartamento dalla Caritas, fa parte di una rete comprendente quattro alloggi: Casa Raffaella appunto, Casa Marta, Casa Maria e Casa Maddalena. «La Caritas tuttavia – dice don Ettore Dubini, coordinatore della Caritas della Comunità pastorale S. Eufemia di Erba e responsabile della Caritas della Zona pastorale di Lecco – non riduce il proprio compito all’assegnazione dello stabile, ma accompagna la famiglia a superare le condizioni di povertà in cui si trova, nella ricerca di un’indipendenza economica e abitativa. La nostra preoccupazione è di risolvere le emergenze derivanti dalla perdita del lavoro. E in questo il sostegno e l’aiuto dei servizi sociali del Comune di Erba, a cui va il nostro grazie, sono indispensabili». «Ma dobbiamo essere grati anche a Carlo Castagna – continua don Ettore – che in questa tragedia è stato di esempio per tutti: esempio di fede, di perdono e vita cristiana vissuta e ha saputo trasformare la casa di via Diaz, simbolo delle tenebre, in simbolo di luce e di rinascita, mostrando allo stesso tempo sensibilità e amore nei confronti di quelle persone che si trovano in ristrettezze economiche».
Due anni fa, in un’intervista concessa a Radio Mater, Carlo Castagna, che in quella tragedia aveva perso la moglie, la figlia e il nipotino, rivelava che era intenzione della famiglia conservare la proprietà dell’appartamento ai fini puramente giuridici e di affidarne l’utilizzo alla Caritas locale per sopperire ai bisogni contingenti di nuclei familiari in difficoltà. La volontà della figlia Raffaella, riferiva Castagna, era sempre stata di lasciare l’abitazione alla sua morte alla mamma Paola o in alternativa al nipotino Giacomo. Nel testamento stilato nel 2003 si legge espressamente: «La sottoscritta Raffaella Castagna, nata a Erba il 21.08.76, in caso di mancanza da questa vita, lascia il seguente testamento: la casa di via Diaz, di mia proprietà, vorrei che fosse data in dono a mia madre Paola Galli, nel caso in cui ella rifiutasse, che sia data in dono a mio nipote Giacomo». Purtroppo anche la mamma Paola morì quella sera e quindi il proprietario è divenuto Giacomo, il primogenito del fratello Giuseppe. Youssef, figlio di Raffaella, al momento dell’atto non era ancora nato.
I locali, dopo che erano stati tolti i sigilli dagli inquirenti, furono ristrutturati e rimessi a nuovo dalla famiglia Castagna con un contributo da parte della Fondazione Cariplo. Le chiavi della Casa Raffaella" furono consegnate, l’11 dicembre 2010, in due distinti cofanetti a don Ettore Dubini come responsabile della Caritas e al parroco della Comunità pastorale S. Eufemia, don Giovanni Afker, durante la celebrazione della Messa feriale delle 8 del mattino (la Messa a cui immancabilmente partecipa Carlo Castagna) in chiesa prepositurale di Erba con una cerimonia semplice, ma allo stesso tempo altamente significativa. Sui cofanetti sono incise due frasi: «Ricordando Paola, Raffaella, Youssef» e «11 dicembre 2006 le tenebre, 11 dicembre 2010 la luce». «E la luce – conclude Carlo Castagna – ha iniziato a brillare da pochi giorni con questa famiglia magrebina ospite della Casa Raffaella».
Erba
La luce a Casa Raffaella
L’appartamento di via Diaz, in cui l’11 dicembre 2006 si è consumata la strage di quattro persone e che oggi è gestito dalla Caritas per volontà di Carlo Castagna, nei giorni scorsi ha accolto una famiglia magrebina. Nel luogo in cui entrò la morte ora abitano vita e speranza
di Enrico VIGANÒ
8 Maggio 2011