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Sirio 16 - 22 dicembre 2024
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Salute

La Casa della Carità chiede una sanità al passo con gli ultimi

Nel ventennale dell’attività di accoglienza giovedì 21 novembre un convegno dedicato alla cura delle persone più fragili. Il presidente don Paolo Selmi: «Un sistema che non sta ai loro tempi accresce la distanza nei loro confronti»

di Claudio URBANO

20 Novembre 2024
Foto Redattore Sociale

«(In)visibili e (In)curabili». Perché sono senza dimora, perché essere ai margini porta anche a non prendersi cura di sé. È un destino inevitabile? La Casa della Carità rilancia un interrogativo che ha sempre avuto a cuore, e lo fa con un convegno tutto dedicato alla salute delle persone più fragili, in programma giovedì 21 novembre (dalle 10.30 alle 13, in via Brambilla 10 a Milano) che segna anche i 20 anni di accoglienza degli ospiti proprio nella sede di via Brambilla (vedi qui il programma).

Una strada possibile per tutti

«Come indicano le parentesi che punteggiano il titolo della giornata, è possibile però un’altra prospettiva, una possibilità di cura anche per i più fragili», sottolinea don Paolo Selmi, presidente della Casa della Carità. Ricordando, ancora una volta, la convinzione profonda che innerva tutte le attività dell’istituzione voluta dal cardinale Martini: «Partiamo dai vulnerabili, dagli ultimi, perché ciò che fa bene a loro fa bene anche a tutti gli altri». Se si riesce a pensare, a progettare un servizio che funzioni anche per questi “ultimi”, che incontri i loro bisogni, si indicherà una strada possibile non solo per i più fragili, ma per tutti.

Non solo il fisico

E don Selmi ricorda come, naturalmente, la cura non possa fermarsi agli aspetti strettamente sanitari: «Ciò che viviamo con gli ospiti della Casa della Carità, e con noi le altre realtà che si occupano di grave emarginazione, è una cura che non riguarda solo la malattia fisica. C’è anche una cura del cuore, degli affetti, della casa… A tutti coloro che interverranno al convegno, a partire dai Garanti della Casa della Carità (il sindaco e l’Arcivescovo di Milano, come prevede lo statuto della Casa), ma anche l’ATS, vorremmo restituire l’attenzione proprio su questi temi».

Sono, in fondo, le grandi questioni che restano aperte per i più fragili. Ma quel mettersi in moto di tutte le energie della comunità, quel generare risposte che può nascere guardando innanzitutto a chi ha più bisogno è evidente già a partire dalla sanità: «Che ci sia un sistema sanitario comunque orientato al profitto, e quindi, per esempio, al risparmio di tempo, porta anche le “persone normali”, i cittadini abbienti a lamentarsi di una prospettiva limitata, settoriale, in cui si viene conteggiati. E il fatto che non ci sia un sistema di cura che abbia la pazienza di rimettersi ai tempi dei più fragili, di stare ai loro tempi, genera ancor di più una distanza nei loro confronti», sottolinea don Selmi.

Il progetto Arcturus

Una sanità capace di stare al passo con gli ultimi che la Casa della Carità ha sperimentato in questi due anni insieme ad altri enti e alla stessa ATS della Città metropolitana grazie al progetto Arcturus, un modello di “Casa della comunità diffusa” in cui, senza attendere che siano le stesse persone in difficoltà ad accedere ai servizi, gli operatori si fanno incontro ai più vulnerabili (per esempio incontrandoli nelle mense, o nel momento delle docce dedicate ai senza fissa dimora) per una prima verifica del loro stato di salute, così da farne emergere eventuali bisogni sanitari.

Carcere e migranti

Un approccio che prende il via dalla condizione concreta dei più fragili, dunque, che la Casa della Carità ha voluto allargare anche ai temi del carcere e dei migranti, invitando, attraverso workshop dedicati, i soggetti istituzionali e del terzo settore a confrontarsi su questi temi. Il convegno sarà, quindi, anche l’occasione per fare il punto sulle questioni emerse e sulle possibili proposte.

Proprio sul piano della salute, intanto, è di questi giorni l’approvazione in Parlamento della legge che prevede, nelle città metropolitane, l’assistenza sanitaria attraverso un medico di base anche per chi non ha la residenza anagrafica (leggi qui). Un problema, quello dei servizi legati alla residenza, su cui lavoriamo da tempo, ricorda don Selmi. Segno – sottolinea – di quel mandato che il cardinal Martini aveva affidato alla Casa della Carità: «aiutare la città ad essere “a misura di sguardo”». Per far sì, quindi, che lo sguardo stesso della città sappia fermarsi sui bisogni di ciascuno.

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