Domenica 14 maggio, a Milano, non si celebra solo la Festa della Mamma : in piazza Sant’Ambrogio 21, infatti, alle 11.45 sarà inaugurata la nuova casa d’accoglienza per madri e bambini del Cav Mangiagalli. La struttura sarà situata all’interno del cortile del Bramante della Basilica di Sant’Ambrogio e permetterà l’accoglienza fino a sei madri.
L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra il Centro di aiuto alla vita e l’Abate di Sant’Ambrogio, monsignor Carlo Faccendini, per rispondere all’emergenza abitativa. Un fenomeno che acuisce ancor più la condizione delle madri secondo Soemia Sibillo, direttrice del Cav Mangiagalli: «L’anno scorso abbiamo seguito 1421 donne, la stragrande maggioranza in una situazione di solitudine perché lasciate dal compagno o dalla famiglia di origine. A questi casi spesso si aggiunge un lavoro precario o proprio assente, che ne aggrava la situazione. Non avendo modo si sostenere le spese, si aggiunge così il problema della casa».
Chi si presenta alla porta dei Cav cerca quindi soluzioni ai problemi più immediati. «Dopo un primo colloquio – spiega Sibillo – a chi intraprende un percorso con noi cerchiamo di offrire un supporto materiale (pannolini, vestiti e tutto il necessario per il nascituro) e generale: indichiamo infatti una serie di servizi gratuiti e programmiamo con altre mamme corsi pre e post parto. Abbiamo poi incontri di lettura per bambini e genitori».
L’accompagnamento
Il Cav Mangiagalli opera già attraverso altri quattro appartamenti, dove sono accolti i casi più difficili. Si tratta di un accompagnamento transitorio, che va dall’inizio della gravidanza fino al primo anno di età dell’infante, così che la madre abbia il tempo necessario per trovare lavoro ed essere autonoma. «Per facilitare questo passaggio – sottolinea Sibillo – abbiamo avviato un percorso di orientamento e formazione al lavoro con un ente specifico, in modo che ci sia un canale preferenziale con le aziende».
Il Centro di aiuto alla vita situato all’interno della clinica Mangiagalli è stato il primo ad aprire in un ospedale italiano. Nato nel 1984, oggi è composto da 25 operatori e una sessantina di volontari che intervengono a seconda delle attività in via della Commenda 12 e in via Valsugana (zona corso Lodi), dove distribuiscono gli aiuti.
Nella clinica Mangiagalli è presente anche la Culla per la vita dove lo scorso 10 aprile è stato lasciato un neonato (leggi qui), il primo di tre episodi simili avvenuti a Milano nell’ultimo mese (compreso il ritrovamento di una bimba morta, in circostanze ancora ignote, in un cassonetto per gli indumenti in zona Città Studi – leggi qui). «Tutte le vicende sono accomunate da una sofferenza comune – commenta Sibillo -. L’ultimo caso è una ferita profonda che ci colpisce ancora di più, perché in un cassonetto un neonato difficilmente può essere aiutato, come invece è accaduto nella Culla per la vita o in un contesto ospedaliero. Non possiamo sapere quali tipo di motivazioni ci siano e noi non possiamo giudicare nessuno. Al Cav Mangiagalli tutti i giorni accogliamo persone di diverse religioni e provenienze, senza giudizio, perché di fronte a noi c’è solo una mamma. Sicuramente però queste sono situazioni che ci devono interrogare come cittadini, società e persone, affinché tali fatti non accadano più. Se ci avessero conosciuto, forse si sarebbero potute evitare situazioni così drammatiche».