Che le organizzazioni criminali abbiano un fatturato pari a circa il 10% del Pil è una convinzione da sfatare: le attività illegali generano ricavi pari in media all’1,7% del Pil (25,7 miliardi di euro) e a 427 € per abitante; le organizzazioni mafiose, inoltre, non hanno il monopolio delle attività illegali, dato che i loro ricavi sono solo una quota dei ricavi illegali complessivi (tra gli 8,3 e i 13 miliardi di euro).
Sono alcune anticipazioni de “Gli investimenti delle mafie”, studio sulle infiltrazioni mafiose nell’economia legale, realizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore (Centro interuniversitario Transcrime) per il Ministero dell’Interno (Pon Sicurezza 2007-2013) che sarà presentato mercoledì 16 gennaio, alle 11, nella Cripta Aula Magna dell’ateneo.
L’infiltrazione delle mafie italiane nel tessuto socio-economico è un tema di grande attualità. Fino a oggi è tuttavia mancato un ragionamento complessivo non solo sulla presenza mafiosa in Italia e all’estero, ma anche sulle ricchezze criminali e sulle modalità del loro investimento nell’economia legale. Questi aspetti sono affrontati dallo studio del Centro interuniversitario Transcrime, che rientra nel più ampio progetto – che si concluderà nell’aprile 2013 – “I beni sequestrati e confiscati alle organizzazioni criminali nelle regioni dell’Obiettivo Convergenza: dalle strategie di investimento della criminalità all’impiego di fondi comunitari nel riutilizzo dei beni già destinati”, finanziato dal Ministero dell’Interno nell’ambito del Pon Sicurezza.
Lo studio, condotto nel 2012, ha costruito una mappa della presenza mafiosa su tutto il territorio nazionale per Camorra, Cosa Nostra, ‘Ndrangheta e Criminalità pugliese. Queste informazioni sono servite a quantificare i soldi che le mafie ricavano dalle attività illegali (sfruttamento sessuale, armi da fuoco, droghe, contraffazione, gioco d’azzardo, rifiuti, tabacco, usura, estorsioni). Come viene investito questo denaro nell’economia legale? A questa domanda si è cercato di rispondere analizzando in profondità il portafoglio di investimenti già confiscati. Lo studio si è concentrato sull’analisi dei beni immobili delle organizzazioni mafiose nelle principali aree metropolitane (Bari, Catania, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma) e, per la prima volta, sull’analisi delle imprese confiscate e dei loro bilanci. Le mafie non si fermano ai confini nazionali. Si è pertanto condotto anche un monitoraggio sulla presenza delle mafie italiane nel mondo.
Questo sforzo di analisi aveva una doppia finalità. Da un lato, è servito a sviluppare un modello per la valutazione della vulnerabilità dei settori economici alle infiltrazioni mafiose. Dall’altro, lo studio italiano appena concluso ha dato l’avvio a un progetto, coordinato da Transcrime e finanziato dalla Commissione europea, che prende il nome di Organized Crime Portfolio. Il progetto, iniziato a dicembre 2012 e che durerà due anni, mira a sviluppare a livello internazionale una metodologia per quantificare la presenza della criminalità organizzata nell’economia e nel tessuto sociale in altri sei paesi europei (Finlandia, Francia, Irlanda, Olanda, Regno Unito, Spagna) e a effettuare un approfondimento della situazione italiana.