Il rapporto, giunto alla sua quarta edizione, presenta i dati relativi a 7.955 cittadini stranieri privi di regolare permesso di soggiorno che tra il 2014 e il 2017 si sono recati per la prima volta nell’ambulatorio medico del Naga – Associazione Volontaria di Assistenza Socio-Sanitaria e per i Diritti di Cittadini Stranieri, Rom e Sinti – Onlus. Il Rapporto analizza le caratteristiche del campione con riferimento a nazionalità, età, genere, situazione familiare, anzianità migratoria, livello di istruzione, situazione abitativa e condizione lavorativa. Inoltre, per la prima volta queste categorie sono state incrociate con le patologie di oltre 2.000 utenti che hanno raggiunto il Naga nel 2017.
«Complessivamente, emerge l’aumento del numero di cittadini stranieri irregolari arrivati da meno di un anno (dal 28% nel 2014 al 37% del 2017) a cui si associa una riduzione di quelli con lunga permanenza (più di quattro anni) che passano dal 43% nel 2014 al 32% nel 2017» affermano Carlo Devillanova (Università Bocconi), Francesco Fasani (Queen Mary University London), Tommaso Frattini (Università degli Studi di Milano) che hanno curato la ricerca.
«Anche in questo rapporto si conferma un livello di istruzione paragonabile a quello degli italiani, con il 36% di immigrati in possesso di un diploma assimilabile a quello delle scuole superiori in Italia e il 10% che ha frequentato l’Università. Tuttavia, si assiste a una progressiva riduzione della percentuale di cittadini stranieri irregolari con livelli di istruzione superiore (dal 43% del 2000 al 36% del 2017) proseguono i ricercatori.
«È inoltre sensibilmente peggiorata la condizione abitativa del campione, con una tendenza alla sua precarizzazione. La percentuale di persone senza fissa dimora passa dal 19% del 2014 al 22% nel 2017, con un drammatico aumento per quanto riguarda in particolare il gruppo degli uomini senza dimora, che durante il periodo considerato è passato dal 23% del 2014 al 31% nel 2017.
Per quanto riguarda la situazione lavorativa, è migliorata nel tempo. Nel 2017 il 35% degli utenti che si sono recati per la prima volta al Naga aveva un lavoro mentre nel 2014 gli occupati rappresentavano il 28,5%. Nonostante ci si riferisca al mercato del lavoro nero, avere un’istruzione superiore sembra garantire un migliore inserimento nel mondo del lavoro, con una percentuale di occupati di circa il 41% tra coloro che hanno una istruzione superiore. L’altro fattore che si conferma determinante per la condizione lavorativa è l’anzianità migratoria: mentre la percentuale di occupati fra chi è in Italia da meno di un anno non raggiunge il 20%, dopo due anni di permanenza la percentuale sale a circa il 42% e al 49% per gli individui con 3-4 anni di permanenza. Come già riportato nel precedente Rapporto, mentre in Italia la quasi totalità dei migranti occupati svolge lavori non qualificati, nel Paese di origine molti erano impiegati in occupazioni con elevato livello di specializzazione. Nonostante questo incremento dei livelli di occupazione, solo il 23% degli occupati ha un’occupazione che considera permanente, mentre la grande maggioranza ha un’occupazione percepita come saltuaria o sono lavoratori ambulanti» concludono i ricercatori.
Il presente Rapporto prende in considerazione per la prima volta l’incidenza delle patologie dei cittadini stranieri irregolari, considerando quelli che si sono presentati per la prima volta all’ambulatorio Naga nel 2017. «Questi dati sono una preziosa fonte di informazione e rappresentano la più vasta banca dati sulle condizioni mediche dei cittadini stranieri privi di permesso di soggiorno non ospedalizzati. I dati mostrano che almeno il 10% di questi pazienti presenta condizioni cliniche, come quelle croniche (es. diabete e ipertensione) che necessitano di un intervento di secondo livello in ambito ospedaliero. È quindi lecito supporre che in assenza della visita presso il Naga questi pazienti avrebbero continuato a gestire in maniera inappropriata le proprie patologie, fino al ricovero in Pronto Soccorso per la loro prevedibile recrudescenza. Analizzando le condizioni socioeconomiche, si osserva come le condizioni abitative più svantaggiate e la precarietà dell’occupazione si associno a una maggior frequenza di particolari patologie» afferma la Dott.ssa Anna Spada, volontaria del Naga.
«I pazienti senza fissa dimora presentano una frequenza di patologie delle vie respiratorie e dermatologiche nettamente superiore ai pazienti che vivono in affitto o presso i datori di lavoro, verosimilmente causate dall’esposizione al freddo e dall’assenza di buone condizioni igieniche. Inoltre, la fragilità delle persone senza fissa dimora è documentata anche dalla elevata frequenza di disturbi psichici e comportamentali presenti in questo gruppo (10% vs 5,5% negli immigrati in affitto). Anche la tipologia occupazionale si associa a una diversa frequenza di patologie. Ad esempio, le malattie del sistema respiratorio sono molto più comuni fra i lavoratori ambulanti (22%) che fra quelli con un’occupazione temporanea (11%) e permanente (5,5%). Comune a tutti i gruppi è l’estrema rarità di malattie infettive (0,016% del campione Naga) e in particolare della tubercolosi» prosegue Spada.
«Il nostro studio mostra, con ricchezza di dati e fuori da ogni pregiudizio, come i cittadini stranieri irregolari a Milano rappresentino un gruppo di persone che ha i medesimi problemi di salute della popolazione italiana, ma le loro condizioni esistenziali sembrano comunque influire sulla frequenza delle patologie. Anche per questo e anche per un principio di uguaglianza, come Naga crediamo che la possibilità di accedere, anche per i cittadini stranieri irregolari, al medico di base sarebbe la soluzione più adeguata e facilmente realizzabile» conclude Spada.
«Ancora una volta il contatto diretto e quotidiano con i cittadini stranieri irregolari ci permette di restituire una fotografia dell’esistente diversa da quella che viene trasmessa da una narrazione dominante e ormai univoca, infarcita di pregiudizi e informazioni non verificate» afferma la presidente del Naga Sabina Alasia. «I cittadini che incontriamo non sono un problema per la ‘sicurezza’ di questo Paese, in pericolo c’è la loro di sicurezza: quella di veder garantito il riconoscimento di diritti fondamentali e di poter vivere dignitosamente» prosegue Alasia. «Ancora una volta presentiamo una fotografia del fenomeno migratorio diversa da quella corrente, una popolazione non minacciosa, ma minacciata».
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