Il nome è evocativo: Me.Te.Ora, come la cometa, che attraversa il cielo passando sopra territori diversi. In effetti, il progetto che il Consorzio Farsi prossimo ha portato avanti negli ultimi due anni attraverso le sue cooperative attive nell’ambito dei servizi per minori e famiglie e per la salute mentale (Filo di Arianna, Farsi prossimo, L’Arcobaleno, Novo millennio e Sociosfera), ha riguardato tre aree territoriali diverse: Milano, Monza Brianza e Lecco. Ma non solo, l’acronimo me-te-ora pone l’accento su altre due caratteristiche peculiari del progetto: la relazione e il qui e ora, cioè il duplice sforzo di intercettare i bisogni dei giovani con disagio e di indirizzarli all’intervento più adatto a loro in un tempo adeguato, che cerchi di tamponare le lunghe liste di attesa del pubblico.
Ne parla Gabriele Zenaboni, educatore professionale sanitario e coordinatore della macro-équipe di Me.Te.Ora: «Con il nostro progetto non vogliamo sostituirci ai servizi pubblici, il nostro intento è piuttosto quello di coadiuvare i servizi sul territorio, andando a sostenere i percorsi dei ragazzi in difficoltà e accompagnandoli anzitutto nella prima fase di ingresso nei servizi stessi. Tanti giovani che incontriamo, infatti, stanno male, ma non sanno perché. Cerchiamo quindi di orientarli, per capire quali possono essere i percorsi più adatti a loro e forniamo supporto in tutte quelle situazioni in cui c’è una lista d’attesa troppo lunga».
Me.Te.Ora ha messo in opera un nuovo modello organizzativo basato su reti di collaborazione continua, con numerose connessioni tra pubblico e privato. È stata attivata una macro-équipe multidisciplinare (8 professionisti di ambito clinico-sanitario, sociale ed educativo) e diverse micro-équipe territoriali, anch’esse multidisciplinari, con una composizione molto variegata fra enti pubblici e privati, servizi di ambito sanitario, educativo e sociale. Sono state coinvolte in attività di sensibilizzazione anche altre agenzie educative, come scuole e oratori. Il tutto in una logica di trasversalità anche territoriale, sulle tre aree che abbiamo visto essere interessate dal progetto.
La logica della rete ha ispirato alcuni interventi integrati, come i laboratori. Un esempio è quello attivato a Limbiate, racconta Zenaboni: «All’interno del progetto “Parrocchie e periferie”, in cui era coinvolta la cooperativa Farsi prossimo, Me.Te.Ora ha messo a disposizione alcuni professionisti esperti in arte terapia per un bellissimo percorso di street art, a cui hanno partecipato ragazzi provenienti dall’oratorio di Limbiate, ragazzi seguiti da servizi a carattere sociale e altri in cura presso servizi sanitari per la salute mentale». Lavorare per gruppi misti, ha infatti diversi vantaggi, spiega Zenaboni: «Mettere insieme i giovani provenienti da contesti sociali difficili con quelli che hanno invece una sofferenza di tipo propriamente psichico arricchisce entrambi i gruppi ed è un buon modo per combattere lo stigma sulla salute mentale».
Nel progetto sono stati attivati anche percorsi individualizzati per favorire l’autonomia abitativa e lavorativa dei ragazzi: «Me.Te.Ora – ricorda Zenaboni – ha in carico ragazzi che vanno dai 14 ai 25 anni, ma tanta parte del nostro lavoro riguarda la fascia 16-19, la “zona grigia” in cui non sono più ragazzi, ma nemmeno ancora adulti. A loro offriamo spesso un sostegno nella fase di uscita dai percorsi socio-sanitari, per esempio dalle comunità, che tante volte si trovano lontano dal luogo di origine. Li aiutiamo a reinserirsi nella loro quotidianità e nel loro territorio attraverso un sostegno di tipo educativo e psicologico. Cercando però di fare anche in modo che il lavoro che hanno fatto in anni di inserimento comunitario non vada disperso».
Secondo Zenaboni, il successo di Me.Te.Ora, testimoniato dai numeri (leggi qui) si spiega con l’aver intercettato un forte bisogno: «I disturbi mentali e la sofferenza psichica degli adolescenti sono in grande crescita da almeno vent’anni. Non è stato il Covid a far esplodere la bomba, piuttosto ne è stato il detonatore, esacerbando alcune situazioni di disagio che erano già sottotraccia e, soprattutto, mettendo in luce le carenze del sistema dei servizi, oggi insufficienti a rispondere alla domanda».