Sono 162 le persone che hanno confidato di essersi impoverite a causa del gioco d’azzardo praticato da loro stessi o da un loro familiare. Altre 200 sono state costrette a chiedere aiuto in parrocchia per lo stesso identico motivo, anche se non lo hanno dichiarato esplicitamente. È quanto emerge dall’ultima indagine sul gioco d’azzardo problematico realizzata dall’Osservatorio della Povertà e delle Risorse elaborando i dati raccolti nel biennio (2017-2018) tra un campione di 115 centri di ascolto della Diocesi di Milano.
Dalla ricerca emerge che i giocatori problematici sono con maggiore frequenza uomini piuttosto che donne, appartengono soprattutto alla fascia di età tra i 50 e i 70 anni e si concentrano prevalentemente a Milano (seguono Monza, Varese, Sesto san Giovanni, Lecco, Melegnano, Rho). A segnalare il problema ai volontari sono in primo luogo il coniuge, in seconda battuta lo stesso giocatore o un altro familiare.
Dal racconto riferito dagli operatori dei centri di ascolto si ricavano identikit di persone generalmente non marginali, con un lavoro, una famiglia, alcune di loro appartenenti al ceto medio. Come per esempio S., impiegato in un negozio di abbigliamento da cui viene licenziato, quando il titolare lo sorprende a rubare dalla cassa somme anche ingenti che spendeva alla macchinette. O come L., panettiere, che un giorno se ne va di casa lasciando in un cassetto le bollette scoperte che non riusciva più a pagare a causa delle perdite da gioco.
Gualzetti: «I dati mostrano la punta dell’iceberg»
«Che oltre 300 famiglie, senza storie di grave povertà alle spalle, abbiano dovuto ricorrere all’assistenza dei centri di ascolto dimostra quanto devastante possa essere l’impatto del gioco d’azzardo sulla vita delle persone. La dipendenza dall’azzardo compromette patrimoni, mette a rischio relazioni, spinge alla disperazione. Un prezzo troppo alto da pagare sui cui da anni chiediamo una seria riflessione pubblica. D’altro canto, i dati fanno comprendere quanto sia complicato fare emergere il fenomeno e che quindi occorre moltiplicare gli sforzi per riuscire, da un lato, a intercettare le vittime di questo fenomeno prima che la situazione sia troppo compromessa, dall’altro, ad avviare percorsi di accompagnamento e cura», osserva Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana.
Secondo un’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia 18 milioni di adulti hanno giocato d’azzardo almeno una volta nell’ultimo anno. Di questi più di 13 milioni giocano in modo sociale, due milioni presentano un profilo a basso rischio, mentre un milione e 400mila persone presentano un rischio moderato e un milione e mezzo sono giocatori problematici, di questi 70.000 sono minori.
«A favorire comportamenti di gioco problematici fino alla dipendenza non è stata solo la moltiplicazione esponenziale dell’offerta di luoghi in cui giocare d’azzardo cui abbiamo assistito negli ultimi vent’anni, ma anche l’introduzione dell’azzardo on line che consente di scommettere a tutte le ore, ovunque, in modo solitario: tutte caratteristiche alla base di comportamenti compulsivi», osserva Laura Rancilio, responsabile area dipendenze di Caritas Ambrosiana.
Caritas Ambrosiana oltre a formare i volontari che operano nei 380 centri di ascolto presenti nella Diocesi, dal 2015 gestisce attraverso l’area dipendenze uno sportello rivolto ai familiari dei giocatori problematici.
Lo sportello – che nel tempo ha ricevuto finanziamenti nell’ambito dei progetti regionali sulla prevenzione e contrasto al gioco d’azzardo patologico, l’ultimo dei quali negli scorsi mesi – offre ai familiari ascolto e supporto educativo, piscologico, legale, economico-finanziario ed è realizzato con la Fondazione San Bernardino e l’Ordine degli Avvocati di Milano. L’accesso è gratuito. Il primo colloquio va fissato telefonicamente chiamando l’Area Dipendenze di Caritas Ambrosiana 02.76037261