La caduta del Muro di Berlino, simbolo dell’ordine bipolare sorto dalla Seconda guerra mondiale, sembrò inaugurare una stagione in cui sarebbero venute meno molte altre frontiere, insieme alla liberalizzazione e integrazione dei mercati, la creazione di vaste zone di libero scambio, la nascita di una nuova unione politica e monetaria.
Solo trent’anni dopo quella tendenza appare invertita e si assiste a una rivalutazione di confini e frontiere, a un’espansione del loro numero e persino alla loro reintroduzione là dove, come in Europa, erano state virtualmente abolite.
Un illusorio ritorno di fiamma della sovranità nazionale, un fenomeno controtempo o la rivincita del peso della storia e del potere del luogo? E il fatto che le frontiere siano tornate di attualità significa che esse corrispondano a ciò di cui l’attualità avrebbe davvero bisogno?
Partendo anche da queste domande, il professor Manlio Graziano, nel percorso «Geopolitica delle frontiere» (Università degli Studi di Milano-Bicocca dal 19 al 23 febbraio), analizzerà le più significative linee di faglia che si sono aperte nel mondo contemporaneo, dall’Europa al Medio Oriente, dalla Russia alla Nato.