«Quel che rende sicura una città non è che ci siano le porte blindate sulle case o che ci siano i militari per strada. Serve stabilire relazioni fra persone che si rispettano e che cercano di capirsi, perché non sempre effettivamente è facile farlo. Ma io credo che studiare assieme, pregare assieme, giocare assieme e cantare assieme siano modi per creare quel senso di appartenenza che è poi il segreto per rispettare la propria casa, la propria strada, il proprio quartiere».
È un passaggio dell’articolata intervista che l’Arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini, ha rilasciato a Repubblica e che il quotidiano pubblica oggi con ampio richiamo in prima pagina. L’analisi dell’Arcivescovo parte dai fatti di Corvetto (leggi qui): «La risonanza mediatica finisce per catalizzare il gusto per la catastrofe, piuttosto che l’interpretazione sincera della realtà… Ci vorrebbe una lettura più penetrante e costruttiva».
Monsignor Delpini sottolinea l’azione della Chiesa ambrosiana nelle sue varie articolazioni («noi non siamo lì per fare allarmismo, ma per provare ad aiutare»), ma dà atto anche dell’impegno delle altre istituzioni, e sul disagio dei giovani dice: «È un malessere che non classificherei in modo superficiale, accostandolo a quello delle banlieue francesi. Invece che procedere per stereotipi, bisognerebbe andarci a parlare con questi ragazzi e con i loro famigliari, ascoltarli, come fanno la Caritas e i servizi sociali pubblici».