«Noi abitiamo il paese dell’incompiuto, abbiamo questa cittadinanza che è, insieme, scomoda e promettente. Incompiuto perché qui, in un luogo dove ci si prende cura delle malattie neuromuscolari, cambiarne la storia richiede tempo e sforzi, talvolta, mortificanti. Viviamo come una sconfitta l’incompiuto che, tuttavia, qualche volta diventa anche una specie di vocazione, di invito a camminare perché ancora non siamo arrivati. Continuiamo a camminare, a investire risorse».
Visitando il Centro Clinico NeMo (vedi qui una scheda), all’interno del grande complesso ospedaliero di Niguarda, l’Arcivescovo lascia queste parole ai vertici della struttura sanitaria, ai cappellani, al personale medico e infermieristico, ai membri della Fondazione Serena Onlus che ha dato vita sul territorio nazionale alle 7 sedi dei Centri Clinici NeMo di Milano, Roma, Arenzano (Genova), Napoli, Brescia, Trento e Ancona. Sedi collegate da remoto per l’incontro.
Le attività del Centro
Accompagnato dal presidente di NeMo, Alberto Fontana, da chi in questa realtà è impegnato ogni giorno, dal responsabile del Servizio diocesano per la Salute don Paolo Fontana, dal diacono permanente Luigi Giugno – facente parte della Cappellania unitamente a 4 religiosi camilliani e un’assistente laica -, l’Arcivescovo visita il Centro NeMo, una realtà ad alta specializzazione, pensato per rispondere in modo specifico alle necessità di chi è affetto da malattie neurodegenerative e neuromuscolari come la Sclerosi Laterale Amiotrofica (Sla), le distrofie muscolari e l’Atrofia Muscolare Spinale (Sma) che interessano attualmente circa 40.000 persone in tutta Italia. In NeMo ci si prende cura di tutte le fasi della malattia neuromuscolare dalla diagnosi alla presa in carico, con molte speranze in più oggi, perché dal 2017, sono state sperimentate e ormai approvate dai protocolli, alcune terapie con buoni esiti sulle persone.
Il reparto – 20 posti letto sempre occupati, 170 ricoveri all’anno, 200 attività diurne sempre annue – si avvale del lavoro interdisciplinare attraverso la messa in campo di 23 specialità cliniche. Inoltre, da aprile 2021, i Centri Clinici NeMo, in sinergia con il Consorzio Gino Mattarelli (Cgm), hanno dato vita anche a NeMoLab, il primo polo tecnologico italiano per la ricerca e lo sviluppo di soluzioni innovative, capaci di rispondere ai bisogni di chi vive una patologia neurodegenerativa e neuromuscolare. NeMoLab si compone di 9 laboratori, ciascuno dei quali è orientato ad occuparsi di un aspetto funzionale dei pazienti.
Insomma, un esempio virtuoso (anche di welfare sul territorio) che si rende evidente attraversando il Centro, entrando nelle stanze dei pazienti, ringraziando gli operatori, come fa l’Arcivescovo, portando la sua benedizione e parlando, appunto, del paese dell’incompiuto.
L’intervento dell’Arcivescovo
«Il paese dell’incompiuto è quello dove, nonostante il senso di sconfitta che ci prende, vogliamo continuare a camminare. Il paese dell’incompiuto è benedetto da Dio che si è fatto carne per abitare questo la storia e, quindi, di ogni precarietà. Gesù ha detto “è compiuto”, nel momento della morte in croce che sembrava della sconfitta definitiva. Questo vuole dire che il modo di Dio per realizzare il compimento non è il successo per cui tutti applaudono, ma la dedizione che non si ferma davanti a niente, fosse anche rimetterci la vita. Sono qui per incoraggiare, per apprezzare ciò che ho visto, perché questo dice quale è la qualità di questo paese, e, insieme, sono qui per benedire perché Dio è alleato di tutti coloro che non si rassegnano, che continuano a sperare nel compimento».
Parole – queste – che hanno concluso l’incontro nella Sala riunioni del Centro, dove avevano preso la parola, tra gli altri, anche Marco Bosio, Dg di Niguarda, Alberto Fontana, sottolineando la visita dell’Arcivescovo anche «come occasione per ringraziare tutto il nostro personale» e Arnoldo Mosca Mondadori nel Cda della Fondazione e autore di un suggestivo video su una giornata-tipo del Centro. «Vediamo oggi bombe che, in un attimo, distruggono case, persone, vite, qui, invece, si costruisce. Questa cultura di costruzione è ciò di cui abbiamo bisogno».