Un vagone ferroviario come palco, un caldissimo fine pomeriggio d’estate che si trasforma in un incontro semplice, ma pieno di significato, in un angolo della città che non ti aspetti, tra la Martesana, il verde, le piste ciclabili, grandi ed evocative foto in bianco e nero della Milano che non c’è più e i treni ad alta velocità che sfrecciano a pochi metri.
Il progetto di Stazione Radio
Il dialogo tra l’Arcivescovo e Maurizio Guagnetti, direttore dell’impresa sociale Stazione Radio, il centro culturale milanese nato per la promozione della sostenibilità sociale e ambientale, è stato tutto questo. Nella cornice di un luogo insolito – l’area dell’ex Cabina elettrica della Stazione Centrale di Milano, posta tra i binari della ferrovia e, appunto, le acque del Naviglio Martesana, riaperto dopo essere stato inaccessibile da lungo tempo -, il confronto si è realizzato sotto la forma di un’intervista, inserendosi in un più ampio palinsesto iniziato nell’aprile scorso e che terminerà a fine ottobre.
Ad avvicendarsi sull’insolito palco-vagone di Stazione Radio, esperti di tematiche ambientali e sociali, giornalisti e artisti, per una riflessione che vede il coinvolgimento della comunità locale e anche di un pubblico allargato, grazie alla realizzazione di podcast destinati alla pubblicazione sui canali digitali del centro che promuove anche laboratori, orti didattici, animazione e aggregazione per i quartiere, concerti gratuiti promossi tutte le settimane, gite ecosostenibili in bicicletta. Il tutto reso possibile con il contributo delle Fondazioni Cariplo, Comunità di Milano, Banca del Monte di Lombardia, Peppino Vismara e Camera di Commercio di Milano.
Il progetto – promosso da Social Green Way impresa sociale, a cui RFI ha concesso l’area in comodato d’uso – è convenzionato con il Comune di Milano per attività culturali e sociali di promozione del territorio, con particolare attenzione alla creazione di occasioni lavorative e di formazione per giovani e persone in stato di fragilità e si sta lavorando perché diventi un centro di riferimento sul vivere sostenibile.
Dopo una breve visita ai locali che verranno restaurati da ottobre e che diventeranno una sala polifunzionale con uno spazio-radio e una podcast factory, un auditorium da un centinaio di posti e altri ambienti, il dialogo si è avviato nello scenario che l’Arcivescovo ha definito «un luogo sorprendente dove si impara a essere città».
La guerra e l’inclusione sociale
Il punto di partenza è l’idea che monsignor Delpini si è fatto della società, oggi quasi anestetizzata di fronte alle guerre, mentre qualche decennio fa i giovani scendevano in piazza per protestare contro le guerre nel Vietnam, evidenzia Guagnetti.
«Io sono allergico alle generalizzazioni e non so come la società si metta a confronto con la geopolitica e le grandi problematiche del mondo, ma certo, oggi, mi sembra un po’ esausta. Tuttavia – sottolinea l’Arcivescovo -, ci sono anche tante opere straordinarie da parte di persone che magari creano spazi come questi dove ci si possa incontrare, infinite iniziative che aiutano, che danno da mangiare a persone che dormono sotto i portici. Insomma, vedo tante fatiche, ma anche frammenti di tanti sogni».
Il pensiero va anche alla Chiesa di Milano: «È la Diocesi più bella del mondo: forse è un po’ troppo frenetica, presa dalle cose da fare e anche un poco scoraggiata perché, pur con tutto l’impegno, non si riesce a cambiare un granché. Abbiamo il senso della fierezza e della responsabilità di essere la Diocesi di Milano, ma anche qualche scoraggiamento nel guardare al futuro, perché sembra che i cristiani siano una razza in via di estinzione».
Si prosegue, sempre sollecitato dal direttore di “Stazione Radio”, con la Proposta pastorale e il suo basta alla guerra: «Oggi – osserva l’Arcivescovo – si parla soprattutto di soldi per le armi, di tecnologia avanzata per uccidere, di trattative per avere il gas. La parola “pace” pare che sia impronunciabile ma, poi in realtà, la gente non vuole la guerra e non mi sembra che vi sia insensibilità su questo. Come Vescovo dico che bisogna creare una mentalità e dare l’idea che si può fare qualcosa, perché chi si sente inerme alla fine si rassegna. C’è un compito educativo nel diffondere la persuasione che la speranza non è l’aspettarsi qualche evento clamoroso, ma la capacità di considerare i problemi e di tentare un’interazione tra i popoli. Ora sembra che il Papa sia rimasto il solo a dire che la pace va cercata e che la guerra è un’assurdità».
Non manca anche una domanda sulla «diffidenza nei confronti del diverso». «Anche in questo caso credo che non si possa generalizzare – spiega l’Arcivescovo -. Vedo che, nella comunità cristiana, c’è un’immensa dedizione ad accogliere: non c’è una parrocchia che non ospiti. C’è tanta attenzione per insegnare la lingua, aiutare dal punto di vista legale, e questo non è solo della comunità cristiana. Si, c’è la paura degli stranieri, un’entità senza volto che sembra una sorta di mostro che vuole invadere l’Europa, ma poi all’oratorio giocano insieme i ragazzini filippini e sudamericani, e, all’ingresso, mi saluta un giovane dello Sri Lanka. Certo, non è semplice, anche perché la paura si crea facilmente».
La crisi climatica e la speranza
Si passa a parlare del senso di impotenza di fronte alla crisi climatica: «Su questo problema molto serio e planetario si è riusciti a dire almeno che possiamo fare qualcosa, mentre su altri capitoli si è generato un senso di impotenza come avviene sulla pace e le diseguaglianze tra i ricchi troppo ricchi e i poveri sempre più poveri. Questo mi preoccupa e dobbiamo dire che in tante piccole oasi possiamo fare qualcosa anche su questi temi».
Ma come seminare la speranza «nell’epoca della crisi socio-ambientale»? «Un prete semina speranza perché crede in Dio e sa che c’è un’alleanza che sta dalla parte del bene. Noi non siamo abbandonati come piccoli frammenti in un universo insensato. Bisogna conoscere la storia – raccomanda – per sapere che, talvolta, ci sono personaggi che hanno segnato il loro secolo, come chi ha fondato l’Europa unita. Ci sono persone capaci di dare una svolta e, quindi, di seminare speranza. Occorre vedere la storia non con una forma di fatalismo, ma avendo fiducia in piccoli segni che sono stelle nella notte».
La Milano del 2030
Infine, l’interrogativo che, a conclusione delle interviste, viene posto a tutti gli ospiti: «Come immagina la Milano 2030?». «Vedo la città che attrae il mondo, che ospita il futuro, luogo di incontro dei popoli e delle lingue. Milano delle Università, forse avrai, nel 2030, persino degli appartamenti per gli studenti, forse avremmo persino la possibilità di curarci senza fare delle code di mesi. Milano del 2030 io ti do il benvenuto».
Ma per l’Arcivescovo c’è una domanda in più: «Che sensazione ha quando nello stadio di San Siro vede intorno a lei migliaia e migliaia di ragazzi?», chiede Guagnetti. «Vedo una seminagione di futuro, vedo che c’è gente che è contenta di essere viva e di partecipare alla comunità. Di fronte a loro mi sento uno che raccoglie una promessa».
Tutte le iniziative di Stazione Radio sono a ingresso libero e gratuito fino a esaurimento posti. Gli aggiornamenti sul programma sono sul sito stazioneradio.eu e sull’account Instagram @stazioneradio..