A trent’anni dall’autobomba di via Palestro, quando sperimentò sulla propria pelle la violenza sanguinaria di Cosa Nostra, martedì 21 marzo Milano ospita la Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, promossa da Libera (leggi qui). «Quella strage spiegò a Milano che Cosa Nostra poteva agire fuori dei suoi confini, non solo con la corruzione o con la droga, ma anche uccidendo vittime innocenti», ricorda il sociologo Nando dalla Chiesa. Colpito dalla mafia nei suoi affetti più cari (il padre Carlo Alberto, Generale dei Carabinieri e Prefetto di Palermo, assassinato nel 1982), dalla Chiesa, presidente onorario di Libera, ha dedicato la sua azione intellettuale, accademica, pubblicistica e politica al contrasto delle mafie. E spiega: «Quelle bombe avvennero nel pieno di una grave crisi politica e morale, che la città deve tenere presente per restarne lontana. Ma gli attentati del 1993 seguirono quelli del 1992 (le stragi di Capaci e via d’Amelio) e quelli del 1982 (gli assassini di Pio La Torre e di mio padre), che forse più di altri manifestano la distanza tra il Paese di oggi e i fatti di allora. Un ciclo terribile che abbiamo attraversato e che deve esserci di insegnamento».
Dopo l’arresto del boss mafioso Messina Denaro, lei ha messo in guardia dal rischio di dimenticare la ’ndrangheta, soprattutto al nord (leggi qui)…
È già successo in passato, non per l’euforia di una cattura, ma per la disperazione seguita alle morti di Falcone e Borsellino: allora ci concentrammo su Cosa Nostra dimenticando la ’ndrangheta – considerata una mafia più “buona” rispetto a quella che faceva saltare le lamiere e squarciava le carni -, che ovviamente ne approfittò. Allora ne pagammo il prezzo, non deve accadere di nuovo.
In questa lotta, che stagione stiamo vivendo a Milano e in Lombardia?
È una fase di sviluppo del movimento antimafia, e nello stesso tempo di difficoltà di questo movimento a entrare nel mondo dell’economia, degli affari e delle professioni. C’è in atto un confronto molto ravvicinato sulle caratteristiche che deve avere un’economia avanzata. È un momento in cui si gioca l’identità di questa regione, perché stia tutta da una parte, senza elementi ibridi. Questo non è facile, richiede molto impegno, ma per fortuna, dopo aver compiuto una cavalcata indisturbata dal punto di vista politico-sociale (mentre sul piano giudiziario ha subito qualche battuta d’arresto), la ’ndrangheta si trova sotto i riflettori più che in passato ed è meno impunita che in passato.
Come valuta il grado di sensibilizzazione dell’opinione pubblica nel nostro territorio?
Dietro certi percorsi non c’è mai una maggioranza: l’opinione pubblica progredisce quando c’è una minoranza forte, sicura di poter offrire buone idee, capace di promuoverle e trasformarle in occasioni di crescita collettiva. Questo in Lombardia c’è, non possiamo lamentarci. Ma sempre tenendo presente quel limite a cui facevo cenno, la difficoltà a penetrare nel mondo dell’economia. Non è poco. Però c’è anche il molto costruito dai giovani, dall’università, dalle forze dell’ordine, dallo Stato, dalla Chiesa, dalla cultura…
A proposito della Chiesa, recentemente lei ha partecipato a incontri promossi dall’Arcivescovo con i preti dei Decanati di Abbiategrasso e di Cesano Boscone, territori segnati dalla criminalità organizzata…
La Chiesa ha un ruolo importante e lo svolge in modo positivo. A Milano, in anni difficili, abbiamo avuto un punto di riferimento nel cardinale Martini. Oggi, tra il magistero del Papa, l’azione dell’arcivescovo Delpini e tante prese di posizione della Chiesa ambrosiana, abbiamo una struttura articolata, in grado di dare un grande contributo alla costruzione di una società senza mafia.
Nella lotta alle mafie i giovani sono chiamati a essere protagonisti: lei li ha incontrati alla Libera Masseria di Cisliano, bene confiscato alla ’ndrangheta (leggi qui del progetto di ristrutturazione)…
La Masseria è probabilmente l’esempio più importante di questi beni, che stanno camminando, ma devono fare ancora passi avanti. Dobbiamo renderli avanguardie della trasformazione anti-mafiosa, valorizzarli dentro questo percorso e non farne semplicemente sedi di associazioni.
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