A quasi due settimane dalle manifestazioni di Corvetto, innescatesi a seguito della morte di Ramy Elgaml, le parrocchie di Santa Rita e Medaglia Miracolosa, la scuola Regina Mundi, le Suore di Carità dell’Assunzione, l’associazione l’Immagine e le cooperative Martinengo e La Strada hanno pubblicato una lettera aperta sul Corriere della Sera per il quartiere e il resto della città.
Nel testo i firmatari si chiedono cosa regga davanti a tanta sofferenza: «Luoghi di speranza che siano dimore per ciascuno di noi. Persone che sappiano accogliere e accompagnare l’altro perché riconoscono il valore infinito che ciascuno è. In un quartiere come il nostro, segnato da tante sfide, descritto come una banlieue in cui vivere è difficile, questi luoghi e queste persone ci sono». Sottolineano inoltre che ci sono realtà che non si arrendono e silenziosamente si impegnano nel cercare di essere «punti vivi e generativi, dove si desidera il bene e si lavora per farlo crescere».
La lettera prosegue con la citazione di un testo dello scrittore Italo Calvino. Dove sembrerebbe prevalere il male, è necessario invece «cercare e riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio».
Le realtà del Corvetto insistono sulla bontà delle molte attività intraprese negli anni, per risollevare il quartiere e metterlo così nelle condizioni di poter rinsaldare veri legami, dove tutti possano comprendere il significato dell’esistenza. «Crediamo che educare – prosegue la lettera -, accompagnare e costruire relazioni siano il modo per generare qualcosa di nuovo e duraturo anche nelle situazioni più difficili. È un compito possibile quando si condivide un desiderio comune».
La lettera riprende poi una parte della recente intervista a La Repubblica dell’arcivescovo, mons. Mario Delpini, in merito proprio alla vicenda di Corvetto. «Quel che rende sicura una città non è che ci siano le porte blindate sulle case o che ci siano i militari per strada. Serve stabilire relazioni fra persone che si rispettano e che cercano di capirsi, perché non sempre effettivamente è facile farlo. Ma io credo che studiare assieme, pregare assieme, giocare assieme e cantare assieme siano modi per creare quel senso di appartenenza che è poi il segreto per rispettare la propria casa, la propria strada, il proprio quartiere».
Le numerose realtà del Corvetto hanno concluso il messaggio invitando a camminare insieme a loro, per riconoscere e aiutare tutte quelle «realtà generative» che mantengono vivo il quartiere, per far sì che ognuno si senta accolto e sostenuto.