Una società simbiotica, dove esseri umani e robot vivano insieme superando i vincoli del corpo, del cervello, dello spazio e del tempo. Questa è l’idea di futuro che lo scienziato giapponese e professore dell’Università di Osaka Hiroshi Ishiguro, massima autorità in tema di intelligenza artificiale e robotica umanoide, ha condiviso lunedì 9 ottobre con la comunità di studenti e docenti del campus milanese dell’Università Cattolica.
L’incontro intitolato «Hiroshi Ishiguro’s vision on robotics and artificial intelligence: the big questions» è stato promosso dall’Unità di Ricerca sulla Teoria della Mente (UniToM) del Dipartimento di Psicologia dell’Ateneo con l’ambizione di ricevere le risposte dello scienziato alle domande che le dodici Facoltà dell’Ateneo gli hanno preventivamente posto, interrogandosi sulle prospettive che ci attendono nel momento in cui si pensi di integrare i robot nella società accanto agli esseri umani.
Cosa si fa in Cattolica
«È evidente che le ricerche sull’Intelligenza Artificiale e sulla robotica abbiano mostrato come l’interdisciplinarietà non sia una vaga aspirazione; al contrario è la dimensione necessaria per portare avanti con frutto ricerche di questo tipo – ha dichiarato il rettore Franco Anelli introducendo l’incontro -. Non è semplicemente pensabile la costruzione e la programmazione di androidi senza considerare la molteplicità di discipline che sono chiamate a contribuire (dall’ingegneria, all’informatica, dalla linguistica, alla psicologia, all’economia, alla filosofia). Per questa ragione abbiamo deciso di costituire nel nostro Ateneo lo Humane Technology Lab, dove studiosi provenienti da campi diversi riflettono sui rapporti tra nuove tecnologie e dimensioni dell’umano. All’interno del centro di ricerca ha preso forma un importante programma di ricerca sui robot condotto dalla professoressa Marchetti».
A presentare il professor Ishiguro è stata proprio Antonella Marchetti, direttrice di UniTom: «Le narrazioni condivise sul tema robotica e AI tendono troppo di frequente a polarizzarsi, declinandosi in senso entusiastico o virando in direzione catastrofista. Ciò che accomuna le due narrazioni polarizzate è stato definito come “determinismo incantato”, che riduce la complessità dell’umano e della dimensione sociale alla razionalistica convinzione che i formalismi matematici possano essere sufficienti a comprenderli. Si tratta di una visione pseudo-neutrale e decontestualizzata che le riflessioni del professor Ishiguro aiutano a ripensare, orientandoci proprio a quell’“antropocentrismo situato” al quale l’esortazione papale Laudate Deum ci esorta».
La relazione tra uomo e macchina
La visione di Hiroshi Ishiguro parte dall’idea che le neuroscienze sviluppano robot umanoidi (come Geminoid che ha realizzato per sé) che consentono di comprendere meglio gli esseri umani. Infatti, «l’avatar eccede le abilità percettive ed espressive dell’essere umano», ha dichiarato il professore. Perché abbiamo bisogno di un robot simile agli uomini? «Noi ci siamo occupati di sviluppare media informativi per comunicare tra uomini (per esempio usiamo l’interfaccia vocale di Amazon, di Google e così via). E ora vogliamo esplorare l’idea di creare una relazione tra uomo e macchina». Grazie agli studi neuroscientifici gli androidi saranno realizzati su un modello umano per comprendere ancora meglio l’essere umano. «Il quale ha intenzioni e desideri che lo rendono autonomo: lo stesso vogliamo fare con i robot. Questa è una evoluzione per l’uomo. Forse allora potremo arrivare a dire che anche il robot avrà una coscienza e capire la coscienza sarà proprio un ambito di ricerca nel prossimo futuro».
Sono avveniristiche le previsioni del professor Ishiguro che sostiene anche, secondo la cultura giapponese, che tutto ha un’anima? Al momento possiamo solo dire che la tecnologia è in rapidissima evoluzione, che l’AI è sempre più presente tra gli esseri umani, e che in luoghi come il Giappone si è già pronti a realizzare rapporti sociali tra umani e robot. Di più. «Per raggiungere scopi più umani dobbiamo usare gli avatar – ha continuato Ishiguro -. Nel 1999 ho creato il mio androide Geminoid, la mia copia. L’operatore guarda il monitor, parla con il suo avatar che si comporta come tu vuoi che si comporti. Entro il 2050 dovremmo avere una società dove le persone saranno libere dai limiti del corpo, dello spazio e del tempo e dove le capacità dell’essere umano saranno rafforzate dall’AI».
Oltre i limiti
Secondo questa prospettiva in futuro tutti potranno lavorare o studiare liberamente eliminando per esempio il pendolarismo e avendo molto più tempo libero. Con i bambini negli asili, così come si sta già facendo in Giappone con gli anziani, potrebbero essere utilizzati gli avatar. Noi occupiamo uno spazio che può essere un limite, e questo limite può essere superato con l’avatar. «L’idea è di virtualizzare il mondo reale attraverso gli avatar – ha spiegato Ishiguro – al punto che io potrei diventare una persona diversa, fare un lavoro diverso attraverso il mio avatar. Ma ci sono questioni etiche e di sicurezza da affrontare». Gli umani hanno corpi fisici e discriminano sulla base del corpo, del colore della pelle, o di possibili disabilità, con gli avatar la società sarebbe più inclusiva.
Quello che vent’anni fa sembrava fantascienza assume oggi contorni più realistici. Dunque, si è domandato lo scienziato, che tipo di società avremo tra decine di migliaia di anni? «In futuro ci sarà una vita intelligente inorganica – ha spiegato il professore -, non immortale ma avremo vite più lunghe accettando tecnologie molto avanzate. La vita umana dipende dai geni. D’altra parte, noi possiamo migliorare le nostre capacità attraverso la tecnologia. Sono due possibilità evolutive e la seconda può essere molto più rapida rispetto a quella genetica».
Sviluppo inarrestabile
Si spinge ancora più in là Ishiguro, affermando che «la differenza tra uomo e animale è l’utilizzo della tecnologia e lo sviluppo tecnologico non si ferma mai. L’obiettivo è quindi arricchire la nostra vita grazie alla tecnologia e al suo sviluppo. In ultima analisi il genere umano viene dall’inorganico e tornerà a essere inorganico».
Le domande delle Facoltà dell’Ateneo hanno trovato risposte, ma solo parziali nell’intervento di Ishiguro perché la strada alla ricerca di un’interazione sociale simbiotica degli esseri umani e dei robot è ancora lunga, sebbene proceda velocemente. Che gli androidi possano prendere un giorno decisioni politiche ed etiche, che possano sostituire un insegnante a scuola o un medico in ospedale, che possano svolgere il ruolo di psicologo con persone in difficoltà, superando così il ruolo di “assistenti” che oggi hanno in alcuni contesti, è tutto da verificare e non solo dal punto di vista tecnologico. Con discernimento e prudenza.