Una maggiore autonomia dei ragazzi e la formazione di un’identità adulta consapevole e resiliente, un aumento o un mantenimento dell’affetto nel tempo dei genitori con i figli in affido, relazioni sociali più estese dei minori affidatari. Queste sono le principali evidenze emerse da un ampio lavoro di ricerca interdisciplinare svolto dal Centro di ateneo studi e ricerche sulla famiglia dell’Università Cattolica sulla realtà dell’Associazione Cometa di Como.
In trent’anni di esperienza l’Associazione ha coinvolto oltre 400 bambini e circa 80 famiglie e promuove proposte educative per minori. Un caso unico di community care basato su un sistema di supporto integrato nel quale le famiglie affidatarie giocano un ruolo attivo e consapevole nell’educazione dei minori in relazione con l’associazione, altre famiglie e un’équipe multidisciplinare di professionisti.
Il volume Accogliere per educare: il modello di affido a Cometa edito da EDUCatt e scaricabile gratuitamente online, raccoglie i dati della ricerca svolta dalle docenti Donatella Bramanti, Raffaella Iafrate, Ondina Greco, Giulia Lopez, Sara Nanetti e Anna Scisci, iniziata nel 2022 per esplorare la ricchezza e le sfide del modello di accoglienza promosso dall’Associazione Cometa. Lo studio ha coinvolto circa 60 bambini provenienti dall’area di competenza del Tribunale per i minorenni di Milano e tutte le 80 famiglie affidatarie, che in almeno i due terzi dei casi hanno anche figli naturali.
I ricercatori hanno utilizzato metodi qualitativi e quantitativi per indagare le peculiarità del modello attraverso strumenti come le interviste ai giovani usciti da Cometa, i diari digitali dei genitori affidatari, le “doppie lune” elaborate con i minori accolti, i focus group condotti con gli stakeholder esterni.
Le “doppie lune”
In particolare, l’esperienza di affido analizzata attraverso lo strumento delle “doppie lune”, che mira a definire la “doppia appartenenza” espressa dai minori alla famiglia affidataria e naturale, ha evidenziato alcune difficoltà incontrate nell’integrazione tra questi due poli familiari: solo il 21,7% dei minori è riuscito a sviluppare un senso di appartenenza rivolto a entrambe le famiglie. Tuttavia, nonostante la situazione di apparente criticità, i giovani adulti ex affido di Cometa sembrano stare molto meglio. Infatti, dai risultati emersi dalle interviste in profondità si evince il ruolo protettivo e promozionale dell’Associazione nella transizione all’età adulta, favorendo una maggiore autonomia dei ragazzi e la formazione di un’identità adulta consapevole e resiliente, salvaguardando nel lungo periodo la doppia appartenenza, che risulta essere più problematica durante le prime fasi dell’affido.
«Intervistando i care leavers, adulti che in passato sono stati minori in affido, è emerso che Cometa offre una protezione a quei ragazzi che hanno maggiori probabilità di avere esiti negativi in età adulta in termini di istruzione, occupazione e reddito», specifica Donatella Bramanti. Una «coperta generosa» riconosciuta dagli stessi ragazzi come si legge in alcune testimonianze che partono da grandi difficoltà («Quando sono nato… avevo tre anni… mia mamma e mio papà non mi hanno più voluto in casa loro») e arrivano alla fiducia, cifra indiscutibile di questo percorso («Io voglio avere una vita bella, poi dove sono adesso mi vogliono bene e mi aiutano a crescere»).
Un elemento chiave del successo educativo del modello Cometa è emerso dal miglioramento delle relazioni tra i minori e le famiglie affidatarie espresso nei diari digitali compilati dalle famiglie affidatarie: il 91,8% dei genitori riporta un aumento o un mantenimento dell’affetto reciproco nel tempo con i figli in affido. Anche le relazioni sociali più estese rappresentano un importante indicatore di un approccio educativo orientato a sviluppare la socializzazione e l’integrazione dei giovani: il 73,4% delle famiglie segnala un incremento del numero di amici dei minori in affido, e il 72,4% dei figli in affido partecipa a gruppi rivolti a minori come attività sportive, di dopo scuola, associative o comunitarie.
Restano sfide rilevanti nella gestione dei rapporti con le famiglie naturali che richiedono un continuo affinamento del modello per promuovere un empowerment relazionale sostenibile e inclusivo per tutti gli attori coinvolti.