Solidarietà e sicurezza possono stare insieme, parola di City Angels. Gli “angeli” con basco blu e giubbotto rosso che, soprattutto alla sera, sono una presenza rassicurante per tutti coloro che abitano la strada: i senzatetto, certo, ma anche chi di notte torna a casa da solo.
Una “vocazione”
Una storia di protezione dei più deboli cresciuta fino a coinvolgere 600 volontari presenti in più di venti città italiane, e che quest’anno spegne le 30 candeline. Ci sarà anche l’Arcivescovo, nel pomeriggio di domenica 20 ottobre presso la Società Umanitaria, a festeggiare l’anniversario, mentre nella mattinata sono previsti gli interventi del Sindaco e del Prefetto di Milano, e di altri rappresentanti delle istituzioni (vedi qui la locandina).
Come per tanti che tutt’ora si spendono a favore di chi vive in strada, anche per i City Angels, e soprattutto per il loro fondatore, Mario Furlan, la storia inizia a fianco di fratel Ettore Boschini, nel “rifugio” in fondo ai ponti della Stazione centrale. Arrivato a Milano per studiare in Cattolica, e impegnatosi da subito con i senzatetto, Furlan aveva poi proseguito la carriera come giornalista. «Ma non volevo limitarmi a scrivere ciò che vedevo, desideravo poter incidere sulla realtà», racconta. Incoraggiato a seguire quella che sentiva come una vera e propria vocazione dal suo confessore don Armando Cattaneo (allora direttore di Circuito Marconi), Furlan lasciò quindi il lavoro giornalistico per creare il gruppo degli “angeli di strada”.
Disponibilità a 360 gradi
Il primo impegno è stato sempre da fratel Ettore, dove i City Angels operavano come servizio d’ordine: «All’inizio degli anni Novanta gli arrivi in città erano soprattutto quelli degli albanesi, e fratel Ettore si lamentava di qualcuno un po’ più violento», ricorda Furlan.
E tutt’ora l’attenzione particolare all’aspetto della sicurezza, e dunque a sventare possibili aggressioni, caratterizza i City Angels. «Non c’entriamo nulla con le ronde – rimarca però Furlan -: noi siamo volontari che andiamo in strada a fare del bene. Teniamo insieme solidarietà e sicurezza perché, in strada, sono proprio le persone più fragili a rischiare di essere le prime vittime della criminalità». La disponibilità dei volontari è dunque a 360 gradi: dal giro di notte per assistere i clochard ai pasti portati a casa degli anziani soli segnalati dal Comune. Tra iniziative degli ultimi anni il centro di accoglienza intitolato a Elio Fiorucci, che può ospitare cinquanta persone senza fissa dimora: tra loro, l’anno scorso in quattro hanno trovato una casa e un lavoro. C’è anche un servizio di scorta alle donne a rischio di violenza, che i City Angels accompagnano, per esempio, quando temono di incontrare l’ex compagno da cui si sentono minacciate.
Speranza affievolita?
«In tutte le situazioni cerchiamo di portare un sorriso, il calore umano, che non sono meno importanti rispetto all’aiuto materiale», sottolinea Furlan. «Perché a Milano – rimarca – non si muore di fame, ma di solitudine, di mancanza di speranza».
E proprio una speranza affievolita, anzi una paura del futuro è la differenza maggiore che Furlan nota rispetto ai primi anni: «Gli stessi senzatetto una volta avevano fiducia di potercela fare, mentre adesso ci chiedono se, visti i tempi, riusciranno mai a tirarsi fuori dalla loro situazione». Momenti non facili, dunque, nei quali proprio le parole dell’Arcivescovo, assicura Furlan, «sono per noi un punto di riferimento, arrivando al cuore non solo dei credenti, ma di tutti i nostri volontari»